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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
UN TEST CHE PESERÀ SUL FUTURO DEL GOVERNO
[La Repubblica, 27 maggio 2007]

Silvio Berlusconi l'ha già anticipato. Se il centrosinistra perde queste amministrative, se ne deve andare. Bisogna tornare alle urne. Restituire al Paese una guida coerente con la maggioranza reale dei cittadini. Lo disse anche un anno fa, il Cavaliere. Si votava, allora, per eleggere il sindaco di città fra le più importanti: Roma, Torino, Napoli. Dove i candidati di centrosinistra vinsero. In alcuni casi, trionfarono. Solo a Milano il centrodestra mantenne il governo della città. Con un vantaggio, tutto sommato, ridotto. Gli andò male e mise da parte, nell'occasione, l'illusione della "spallata". Stavolta, vista l'aria che tira nel Paese, spera che le amministrative gli diano qualche motivo in più.
Anche se, adottando lo stesso metro, Berlusconi avrebbe dovuto dimettersi ogni anno. Visto che, dal 2002 al 2005, la CdL ha sempre perso. Fino al tonfo delle regionali. Berlusconi, però, si è guardato bene dal trarre per sé le conseguenze che, oggi, vorrebbe imporre all'avversario. Tuttavia, in Italia, ogni elezione, la più periferica, la più specifica, ha effetti nazionali. Gli stessi sondaggi, per quanto considerati con scetticismo, vengono agitati come strumenti di lotta politica. E', quindi, inutile sottovalutare elezioni "vere", come queste, dove votano molti milioni di elettori. L'importanza di questa consultazione, peraltro, appare legata alla specifica evoluzione del sistema politico italiano.
1. Anzitutto, le consultazioni che si svolgono nel periodo intermedio fra le elezioni legislative hanno assunto, ormai, un significato politico. Vengono lette e interpretate come altrettante "midterm elections". Negli Usa si definiscono così le elezioni del Congresso, che avvengono a metà del mandato presidenziale. Per questo costituiscono un mezzo attraverso il quale i cittadini esprimono il loro giudizio sul governo. Non solo, ma ne condizionano l'operato. In Italia, non c'è un sistema presidenziale. Non esiste un punto "intermedio" della legislatura. Per cui, da quando si è affermato il bipolarismo, dal 1994 ad oggi, tutte le elezioni - amministrative, regionali, europee: perfino i referendum - vengono interpretate in questo modo. Come altrettante occasioni per valutare l'azione e la stabilità della maggioranza di governo. Nonostante la specificità di ciascuna consultazione, legata alle particolarità locali, alla personalità dei candidati, ecc. Così avverrà anche questa volta. Una parte, almeno, degli elettori "userà" il voto amministrativo come segnale nei confronti del governo. D'altronde, il centrosinistra appare particolarmente consolidato sul territorio. Un po' dovunque. Infatti, governa in 81 dei 119 comuni capoluogo (alcune province ne hanno più di uno), in 16 regioni su 20 (considerando anche il Trentino Alto Adige, il cui consiglio è di elezione indiretta) e, infine, in oltre due terzi delle province. Il peso del centrosinistra nelle amministrazioni locali è cresciuto notevolmente dopo la caduta della prima Repubblica. E si è accentuato, nel corso degli anni del governo Berlusconi. In particolare, per due motivi. A) Per la maggiore esperienza, competenza e notorietà, in ambito territoriale, della classe politica del centrosinistra. Formatasi all'interno dei partiti tradizionali: Dc e Pci, soprattutto. Parallelamente, per la maggiore presenza organizzata delle principali forze politiche dell'Unione a livello locale. B) Per l'insoddisfazione nei confronti del governo della CdL espressa dai suoi stessi elettori. Che hanno manifestato questo sentimento, soprattutto, astenendosi; rifiutando di confermare il loro sostegno ai candidati del centrodestra. Usando il voto (oppure il "non" voto) amministrativo in modo "politico". Come segnale di protesta.
E' interessante capire, per questo, cosa avverrà in questa occasione, in questa fase. In cui al governo è il centrosinistra.
2. Il secondo motivo di interesse di queste elezioni evoca esplicitamente la "questione" territoriale. Il centrosinistra, negli ultimi cinque anni, si è rafforzato soprattutto nelle città del Nord. Dove, dei 38 capoluoghi di provincia (escludendo, dunque, l'Emilia Romagna), 26 sono guidati da sindaci di centrosinistra, 12 da sindaci di centrodestra. Ciò, fino ad oggi, ha contraddetto o almeno temperato la leggenda del Nord padano. Feudo incontrastato della Destra. Mettendo in luce, soprattutto, una sensibile differenza tra città (a sinistra) e provincia (destra). Il centrosinistra, peraltro, governa nella maggioranza dei comuni capoluogo del Nord dove si vota oggi: 8 contro i 2 del centrodestra. Non era così, in precedenza. Ma, cinque anni fa, il centrosinistra ha vinto in alcune città tradizionalmente di centrodestra. Ha, soprattutto, "espugnato" Verona. Città di snodo, crocevia strategico, per l'economia e le infrastrutture del Nord. La Cdl ha perduto, nel 2002, perché internamente lacerata da contrapposizioni tra fazioni e leader. Locali e regionali. Oggi, però, si presenta (ri) unita (grazie all'intervento diretto di Berlusconi) intorno a un candidato leghista molto popolare. E molto, molto di destra.
Queste elezioni serviranno, quindi, "anche" per controllare la salute del centrosinistra, nel Paese. E, in particolare, a cogliere l´atmosfera che si respira nel Nord, di fronte a un governo percepito, da molti, come "romano". Occorre, per questo, tenere d´occhio cosa capiterà a Verona (la Bologna bianca...). Ma anche ad Alessandria, Asti, Gorizia, Monza, Cuneo. Un cedimento del centrosinistra, in queste città, renderebbe più profonda la frattura territoriale nel Paese. Allargherebbe le sponde del Po.
3. C'è, peraltro, un'altra "questione", sottesa al voto odierno. Riguarda principalmente il centrosinistra. Fino ad oggi, come abbiamo detto, ha conseguito i suoi risultati migliori a livello locale e regionale. Dove la legge elettorale e soprattutto l'elezione diretta del Sindaco (o Presidente) ne hanno sottolineato e sfruttato al meglio la vocazione "unitaria". L'idea dell'Ulivo e del Partito Democratico, ma anche dell'Unione (visto che spesso le alleanze riunivano tutti, dal centro alla sinistra estrema). L'esperienza delle primarie, la selezione di candidati autorevoli, dotati di un capitale personale di credibilità e, dopo l'elezione, di poteri adeguati a governare. Tutto questo, il centrosinistra, lo ha maturato e appreso nelle elezioni amministrative. Sul territorio. E, in particolare (anche se, ovviamente, non solo), nel Nord. Costretto a innovare per rispondere alla sfida della "nuova destra" italiana. Che è nata qui. Tra Milano e la Pedemontana. Fondata e guidata da Berlusconi e Bossi. Sindaci e governatori come Illy, Cacciari, Chiamparino, Dellai e altri ancora, fra cui Zanotto a Verona, ne hanno contrastato il potere. Ma, soprattutto, hanno contraddetto il paradigma che "il Nord è di destra".
Per tutte queste ragioni, le elezioni di oggi sono importanti. Soprattutto per il centrosinistra. Non tanto perché ne possano mettere in discussione la legittimità a governare, come sostiene Berlusconi. Ma perché un risultato negativo materializzerebbe il sospetto che il centrosinistra, mentre si incammina alla costruzione del Partito Democratico, in realtà, si sta smarrendo. Perché sta perdendo le radici, il legame con il territorio. Con la società. Con il Nord. Perché ieri era popolare e locale. Oggi è elitario e (senza allusione al premier...) romano.
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