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OSSERVATORIO CAPITALE SOCIALE - LA SOCIETÀ CHE NON VUOLE INVECCHIARE

Osservatorio nazionale a cadenza trimestrale in collaborazione con Coop (Ass. Naz.le cooperative di consumatori). Senso civico, altruismo, solidarietà e altri comportamenti riconducibili al concetto di "capitale sociale".
CONDANNATI ALL'ETERNA GIOVINEZZA
[di Ilvo Diamanti]

L'ITALIA INVECCHIA E NON LO SA. E ADULTI SI DIVENTA A 35 ANNI
[di Luigi Ceccarini]

Viviamo in una società che non vuole invecchiare. Alla quale non piace l'idea che il tempo passi. Gli italiani tendono a definirsi giovani anche quando sono adulti, e adulti anche quando sono anziani. Vecchiaia è un termine tabù. I giovani, coerentemente, spostano in avanti le tappe verso la vita adulta. E non si distinguono per reclamare uno spazio maggiore nelle posizioni di responsabilità della società. E' quanto emerge dai risultati della 12° indagine dell'Osservatorio sul Capitale sociale degli italiani curata da Demos-Coop, che ha approfondito il significato della giovinezza.
Alcuni dati fanno riflettere. Anzitutto va detto che gli orientamenti rilevati variano sensibilmente anzitutto in base all'età dei rispondenti, senza apprezzabili differenze quando vengono considerate altre caratteristiche sociali (genere, istruzione, classe sociale, territorio). Segno che l'idea dei giovani che emerge dalla ricerca è largamente diffusa nei diversi strati sociali, fatta eccezione appunto, per l'età. La metà (54%) di chi ha più di 64 anni si definisce anziano. Il 41% preferisce dirsi adulto. Quattro su dieci tra coloro che hanno tra 35 e 44 anni si ritengono giovani; evidentemente ai quarantenni non piace crescere.
Allora l'indagine Demos-Coop ha chiesto agli italiani a che età si diventa adulti. Il dato medio indicato è 35 anni. Ma tanto più si è avanti con gli anni tanto più questa età di passaggio aumenta. Per i giovanissimi (15-17 anni) si diventa adulti a 26 anni. Per i ventenni a 30. Per quarantenni e cinquantenni a 36 anni. Avviene a 40 anni circa secondo i più anziani. I più giovani tendono a collocare questo passaggio in avanti nel tempo. Gli altri indietro, ma nelle immediate "vicinanze", in modo da non vederlo come un momento passato da troppo tempo.
Ma essere giovani o adulti, come spiegano gli studiosi, non è semplicemente una questione di età. Contano alcune tappe superate nella vita: 1) finire gli studi, 2) trovare un lavoro stabile, 3) vivere in una casa diversa da quella dei genitori, 4) sposarsi o convivere, 5) avere dei figli. Tutti passaggi che in Italia avvengono sempre più in là nel tempo. I giovani, quindi, rimangono tali più a lungo. Fatto comprensibile visto che la gioventù richiama anzitutto la parola spensieratezza (30%).
Fare un figlio (31%) e trovare un lavoro stabile (26%) sono i due passaggi che gli italiani più associano al diventare adulti. Ma i rispondenti valutano questi "riti di passaggio" con occhi diversi. Per i giovani si diventa adulti anzitutto attraverso la conclusione degli studi e andare a vivere fuori dalla casa dei genitori. Mirando così ad una maggiore libertà, che non necessariamente significa indipendenza economica o autonomia nei lavori domestici. I trentenni, invece, guardano in misura maggiore alla maternità e alla paternità come momento fondamentale. I soggetti più anziani riconoscono il lavoro stabile e il matrimonio come riti di passaggio. Le ragazze tra 18 e 34 anni attribuiscono più importanza all'uscire di casa (16%) e all'avere un figlio (36%) rispetto ai loro coetanei uomini. Questi ultimi, invece, indicano di più, come riti passaggio, trovare un lavoro (27%) e l'unione stabile, convivenza o martrimonio, con il partner (22%).
Il ruolo dei giovani nella società è un aspetto centrale. Ed è opinione diffusa che questa generazione dovrebbe avere più spazio nelle posizioni di responsabilità (il 41% si dice molto e il 47% abbastanza d'accordo). E' interessante notare che tale orientamento viene sostenuto con più forza dagli italiani in là con gli anni (che si vedono ancora giovani). Ci si aspetterebbe, invece, che fossero i diretti interessati a rivendicare queste maggiori opportunità: i "veri" giovani.
La gioventù di oggi, rispetto a quella del passato, viene vista come più viziata (95%), con meno certezze (75%), più sola e meno felice. Resta ampia la componente di coloro che vedono il futuro dei giovani peggiore, sotto il profilo della posizione sociale ed economica, rispetto alle opportunità avute dai loro genitori (45%).
Gli stessi punti di riferimento della vita sono molto diversi tra le generazioni: la religione e la politica contano meno per i giovani. Il lavoro, l'amore, l'avere figli pesano maggiormente nelle prospettive degli adulti e degli anziani. Forse, non è solo un effetto legato al ciclo di vita, ma è anche il segno di trasformazioni più ampie che interessano la società italiana.
NOTA METODOLOGICA

L'Osservatorio sul capitale sociale è diretto da Ilvo Diamanti e realizzato da Demos & Pi in collaborazione con Coop (Ass. Naz.le cooperative di consumatori). L'indagine è curata da Ilvo Diamanti, Luigi Ceccarini e Fabio Bordignon con la collaborazione di Ludovico Gardani per la parte metodologica (LaPolis, Univ. di Urbino) e Filippo Nani (Medialab, Vicenza) per quella organizzativa. Natascia Porcellato ha partecipato all'impostazione dell'indagine e all'analisi dei risultati.
Il sondaggio è condotto dalla società Demetra di Venezia (sistema CATI, supervisione Andrea Suisani) nel periodo 13-19 dicembre 2006. I dati sono stati successivamente trattati e rielaborati in forma del tutto anonima. Il campione intervistato (N=1425) è rappresentativo della popolazione italiana con oltre 15 anni per genere, età, titolo di studio e zona geopolitica di residenza.
Indagine apparsa su La Repubblica, 22 gennaio 2007.
Il documento completo su www.agcom.it.
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