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La figura del capo è tramontata gli elettori reclamano un’altra politica (27 gennaio 2025)
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Mani pulite addio più di un italiano su due crede al teorema dei giudici politicizzati (13 gennaio 2025)
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La sordina sui migranti mai così invisibili la politica ne parla per soffiare sulle paure (6 gennaio 2025)
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La Tangentopoli infinita per un italiano su due restiamo il Paese dei corrotti (9 dicembre 2024)
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI
La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica. |
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SE RIESPLODE LA GUERRA MEDIATICA [La Repubblica, 16 novembre 2008]
NON finisce mai la guerra politica intorno allo spazio radiotelevisivo, ma, in particolare, intorno alle tivù. L'elezione del senatore Villari, del Pd, alla presidenza della Commissione di vigilanza della Rai, con i voti del centrodestra (e qualcuno in più) ne è solo l'ultimo atto. Tuttavia, è da qualche settimana che si colgono segni di nervosismo, intorno alla tivù. Soprattutto da parte del centrodestra e, anzitutto, del Presidente del Consiglio. Il quale è intervenuto, in diverse occasioni, perlopiù durante i suoi viaggi all'estero (d'altronde, è sempre in viaggio), per esprimere il suo disappunto sull'informazione televisiva. Nello specifico: sulla Rai. Accusata di proporre l'immagine di un paese in rivolta. Strade e piazze affollate dalle proteste di studenti, genitori e professori. Scuole e Università in assemblea permanente. Ha recriminato, ancora, Berlusconi contro la satira che lo bersaglia ogni sera in tivù. Gli hanno fatto eco alleati fedeli. Il ministro Bondi ha gridato la sua indignazione contro una trasmissione satirica di tarda serata (Glob, condotta da Bertolino). Inoltre, Marcello Dell'Utri, amico e collaboratore di sempre, ha ironizzato - e polemizzato - sulla tivù ansiogena, che affida la lettura delle informazioni a giornaliste dark. Critiche politiche, etiche, estetiche. Troppe, in poche settimane, per non far pensare che la ricreazione è finita. Pareva, Berlusconi, aver allentato il morso sulla tivù (di Stato), dopo le elezioni dello scorso aprile. A differenza del 2001, quando, all'indomani del voto, si occupò presto della Rai. Accelerò le nomine indicando, da subito, le figure sgradite. Biagi, Luttazzi e Santoro. Forse il Cavaliere, questa volta, dopo aver conquistato un successo tanto largo e una maggioranza parlamentare tanto netta, ha accarezzato davvero l'idea di assumere un atteggiamento più "liberale" verso l'informazione Rai. Che, d'altronde, non ha certo assunto un atteggiamento "militante" e antagonista, nei suoi confronti. Semmai, si è fatta più prudente, come normalmente avviene quando i giornalisti si sentono "di passaggio". Questa "pazza idea", però, sembra svanita in fretta. Dissolta, nell'ultimo mese, dal ritorno del "Cavaliere mediatico" - occhiuto e polemico - che abbiamo imparato a conoscere in questi anni. Spinto da diversi motivi. 1. Anzitutto, i sondaggi hanno rilevato un calo del consenso: suo personale e del governo. A causa di alcuni provvedimenti, che hanno sollevato polemiche e proteste. In primo luogo, come abbiamo detto, la mobilitazione di studenti e genitori, maestri e professori contro i decreti sulla scuola e sull'Università. Poi, il persistere e l'acutizzarsi della crisi economica e finanziaria. E gli effetti che sta producendo sulla vita quotidiana: dal punto di vista dei redditi, del risparmio, dei consumi. Nell'insieme, hanno spezzato lo "stato di grazia" che aveva permesso al governo di giungere fino a ieri "nonostante" la delusione. Non che la popolarità di Berlusconi e del suo governo abbiano subito un crollo. Ma si è ridimensionata. E, soprattutto, ha mostrato di non essere immune alla rappresentazione infinita sui media del malessere sociale. 2. Tuttavia, il timore di Berlusconi più che dal passato recente è dettato dal futuro prossimo. Dalla crisi economica che incombe. Dalla consapevolezza che, nei prossimi anni, i tagli della spesa pubblica continueranno; che la pressione fiscale non calerà. Preoccupa, Berlusconi, l'idea che la recessione divenga un genere televisivo, come nel passato recente la violenza nella vita quotidiana. Che comprometta la sua immagine di Grande Rassicuratore. Di Cavaliere Vincitore e Invincibile. 3. Tuttavia, le preoccupazioni di Berlusconi si rivolgono anche all'interno della sua coalizione. Il malessere sociale, amplificato dai media, alimenta, infatti, il clima antipolitico e le tensioni territoriali. E rafforza il partito antipolitico e territoriale per definizione. La Lega, stimata, oggi, sopra il 10% e nel Nord oltre il 20% (intorno al 30% in Lombardia e ancor di più in Veneto). Il che spinge il Pdl a centrosud. Nell'area della crisi. Si aggiunga che, in questa fase di "fondazione" unitaria, le tensioni attraversano lo stesso Pdl. An, infatti, cerca di far valere il suo radicamento territoriale per pesare di più, nei futuri assetti del partito. Inevitabile, per Berlusconi, rispondere all'organizzazione con la televisione. 4. I problemi di Berlusconi sono, peraltro, comuni anche al centrosinistra. La "comunicazione ansiogena" e "l'antagonismo e l'antiberlusconismo come spettacolo" hanno, infatti, avvantaggiato soprattutto l'Idv (stimata dai sondaggi intorno al 9%). Ma anche Michele Santoro, il cui programma ha raggiunto livelli di audience elevatissimi. Non a caso Santoro e Di Pietro costituirebbero, secondo alcuni, l'unica vera opposizione in Italia. 5. Anche il Pd, come il Pdl, è attraversato da tensioni interne. Tra fazioni e frazioni. Che mirano a consolidare oppure a scardinare definitivamente la leadership di Veltroni. La vicenda della "commissione di vigilanza", in fondo, costituisce un atto di sfiducia nei suoi confronti espresso anche dall'interno del Pd, visto che Villari non è stato votato solo dal centrodestra. La tivù è tornata, dunque, il "campo di battaglia" privilegiato dalla politica e dai politici. Di entrambe le parti. Con un duplice rischio. A) Lo svuotamento della politica e dei suoi attori, sempre più distanti dalla società e dal territorio. B) Reciprocamente, la definitiva trasformazione del ruolo dei media e dei giornalisti: da mediatori ad attori politici. La rappresentanza politica tradotta in rappresentazione, guidata e interpretata da Vespa, Floris, Mentana e Santoro. O come imitazione. Crozza, Guzzanti, Cortellesi e Marcoré. Al tempo stesso, governo e opposizione. Il Pd, Di Pietro, i Radicali e quanti contestano il rapporto mimetico e complice fra media e politica, fra i partiti e la Rai, per essere credibili, non dovrebbero spingere alle dimissioni Villari, per mettere qualcun altro al posto suo. Ma semplicemente andarsene dalla "Commissione di Vigilanza". Organo non di controllo, ma di spartizione. |
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