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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
LA REPLICA FINALE DELL'IRREALITY SHOW
[La Repubblica, 11 febbraio 2013]

Ammetto di essermi sbagliato. Non avrei mai immaginato che la televisione tornasse a giocare un ruolo tanto importante, pressoché esclusivo, in campagna elettorale. Che la presenza dei partiti e dei leader politici si esaurisse quasi solo in televisione. Ad eccezione di Grillo, che, fino ad oggi, si era sempre rifiutato di andarci. Ma forse, prima del voto, andrà in tivù anche lui. Dove e come non si sa.

Intanto Grillo riempie le città, i paesi e le piazze di tutta Italia. E rimbalza sui giornali e sulle televisioni. Perché fa notizia. D'altronde, il capo del M5s è un professionista dello spettacolo. Il pubblico va a sentirlo e a vederlo non solo per condivisione, ma per curiosità. Troppo attraente l'occasione di assistere a una performance di Grillo - e senza pagare.

Per gli altri partiti, per gli altri leader, il discorso è diverso. Perché si è persa l'abitudine di stare nella società e sul territorio. Ed è difficile cambiare identità e modello organizzativo da un giorno all'altro. Certo, siamo entrati nell'era di Internet. Il M5s ha scelto i candidati al Parlamento attraverso la Rete. E, prima ancora, la Rete gli ha permesso di bypassare i vincoli delle televisioni pubbliche e private. Controllate dai partiti maggiori e da Berlusconi.

Però la Rete funziona soprattutto in fase - e come metodo - di mobilitazione. E non arriva, ancora, a tutti. Anche se, ormai, circa il 60% degli italiani naviga in Internet (Osservatorio DemosCoop, dicembre 2012). Metà di essi, il 30%, costituisce, peraltro, il popolo dei Cives.net (come li hanno definiti Luigi Ceccarini e Martina Di Pierdomenico su Repubblica. it). Quelli "che ... discutono di politica nei blog o nei social network". Inoltre, il 40% utilizza, quotidianamente, la Rete per informarsi. Ciò ne sottolinea i pregi ma anche i limiti. Qualitativi: perché gli internauti e, ancor più, i Cives. net costituiscono una componente specifica della popolazione. Comunque, più istruita, attenta e coinvolta. Con un'idea già precisa su chi - o, almeno, "contro" chi - votare.

Invece la tivù generalista resta ancora e di gran lunga il "medium" informativo più frequentato. L'80% la utilizza quotidianamente per informarsi. Ma, soprattutto, c'è una componente - intorno al 20% - che si informa "solo" attraverso la tivù. Ne fanno parte molti elettori delusi e indecisi. Per questo la tivù è così importante, in questa fase. Perché consente di arrivare in fretta a tutti gli elettori. Ma, soprattutto, permette di stanare il "pubblico" tentato dall'astensione. Indeciso se e per chi votare. In misura significativa si tratta di spettatori, pardon, elettori che hanno votato Pdl. Per questo Berlusconi, dopo essere ridisceso in campo, si è trasferito stabilmente negli studi televisivi. Partecipando a tutti i talk, a tutti i tg, a tutti i programmi, in tutte le reti possibili. Per snidare i "suoi" spettatori delusi e incerti. Per rassicurarli e mobilitarli.

Il relativo riavvicinamento del centrodestra al centrosinistra, rilevato dai sondaggi, si spiega, in parte, così. Ma il principale risultato della campagna di Berlusconi sembra riassumibile proprio nella rinnovata centralità della tivù. Dove il Cavaliere si muove a proprio agio, perché la tivù è il "suo" territorio naturale. Per un anno, invece, Berlusconi era finito ai margini della "comunicazione politica" (proprio lui...). Fino a due mesi fa. Lui, l'imprenditore dei sogni irrealizzati: scosso dai venti della crisi economica. Spiazzato dallo stile algido e rigido, ma per questo rassicurante, del governo dei tecnici e del Professore. Oscurato dalla stagione di partecipazione impressa dal Pd, attraverso le primarie. Che hanno mobilitato elettori e simpatizzanti per mesi, spingendo in alto il Partito democratico nelle stime elettorali. Da settembre a dicembre è risalito dal 25% a oltre il 35%.

Poi, però, il Cavaliere è tornato. Spinto dalla tivù, ha spinto, a sua volta, la tivù. Al centro della Politica. Mentre il Pd sembra essersi fermato. Quasi che la campagna elettorale si fosse esaurita con le primarie. Per fare un paragone con il "modello americano", i Democratici, soprattutto, (ma non solo loro) nell'ultima fase di campagna, prima del voto presidenziale, mobilitano una grande massa di volontari. Fanno "porta a porta" negli Stati in bilico e nei quartieri critici delle città più importanti. Vanno nelle piazze e nelle strade, usano il telefono per contattare gli elettori, fino all'ultimo giorno. All'ultima ora. Obama: ha vinto grazie ai volontari, oltre che alla Rete. E alla tivù.

Io, fino ad oggi, non ho visto volontari, nella mia zona. E neppure manifesti. Perfino i volantini sono pochi. Non lo dico per nostalgia, ma per sottolineare la desertificazione politica degli spazi di vita quotidiana.

I partiti e i loro leader si sono trasferiti - quasi solo - in tivù. Hanno accettato le regole e i modelli imposti dai talk e dai conduttori. In particolare, i format della "politica pop". L'infotainment e il politainment, che prevedono la contaminazione tra informazione, dibattito e intrattenimento (come hanno chiarito bene Giampietro Mazzoleni e Anna Sfardini, in un libro pubblicato dal Mulino nel 2009).

Così Bersani, dopo una fase iniziale di distacco e silenzio - quasi per marcare la differenza da Berlusconi - si è "rassegnato" a tornare negli studi televisivi. Costretto, continuamente, a confrontarsi con l'imitazione di Crozza. Mentre Monti ha rinunciato alla sua "anomalia tecnica". Si è precipitato sul palco della "politica pop". Con disagio pari all'entusiasmo. Giorni fa, ospite di Daria Bignardi, alle "Invasioni Barbariche", ha accettato di "posare". Twittando e bevendo una birra. Con un cagnolino in braccio. Che ha adottato e ribattezzato Empy. Si è berlusconizzato anch'esso. Con esiti dubbi. Perché, in questo modo, ha neutralizzato ulteriormente l'immagine di tecnico, su cui ha costruito il proprio consenso. In questo modo, però, Monti stesso, come ha osservato Carlo Freccero, "ha smontato lo scenario montiano di ogni sacralità".

Più in generale, la politica è uscita dalla società, si è spostata dalla rete. È discesa dallo spazio "autonomo" della tecnocrazia. È tornata spettacolo. Dove Berlusconi continua a recitare da protagonista. Tuttavia, questa politica "senza rete" e lontana dalla società, questi politici - che imitano la "gente comune", e parlano alla nostra pancia invece che alla nostra testa e al nostro cuore - sono fuori tempo. Potrebbe essere l'ultima replica dell'irreality show, a cui assistiamo da vent'anni. Peccato che in troppi accettino ancora di parteciparvi. Da comparse.

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