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Contro l’autonomia sei italiani su dieci e anche al Nord adesso dicono no (25 novembre 2024)
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Le mafie sono tra noi. Cresce il pericolo di una assuefazione (17 novembre 2024)
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La generazione globale i giovani realizzano vita e carriera all’estero (11 novembre 2024)
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Tra immigrazione e criminalità tornano a crescere le paure degli italiani (28 ottobre 2024)
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI
La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica. |
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DELUSI DALLA CURIA, CONQUISTATI DA RATZINGER: COSÌ GLI ITALIANI HANNO IMPARATO AD AMARLO [La Repubblica, 28 febbraio 2013]
Oggi si conclude il papato di Benedetto XVI. Il quale resterà, comunque, Papa. Emerito. Come un professore universitario in pensione. Benedetto XVI, d'altronde, è anche un professore. Un teologo finissimo, che ha guidato la Congregazione per la Dottrina della fede per oltre vent'anni. Rigoroso nel tracciare i confini della religione cattolica in tempi di secolarizzazione. Di confronto con altre fedi e altre religioni - assai più esigenti di quella cristiana - veicolate dai flussi migratori.
A Joseph Ratzinger la Chiesa chiedeva di marcare i segni e principi dell'identità religiosa. In altri termini, il "distintivo cristiano", come l'ha definito Romano Guardini, teologo importante. Influente ai tempi e nei luoghi di formazione del Pontefice, Romano Guardini (tra Frisinga, Monaco e Tubinga). Invece Benedetto XVI se ne va. Si ritira. Fiaccato da problemi di salute. Dall'età. Ma forse anche dal peso degli scandali che hanno scosso la Chiesa nel corso del suo papato. E degli intrighi, delle tensioni che attraversano il Vaticano. Da alcuni anni in modo particolarmente violento.
Una "scelta difficile", l'ha definita il Papa, ieri, nella sua ultima udienza. Ma anche un segno di "umanità". E di "modernità", come ha scritto Ezio Mauro, all'indomani dell'annuncio. Per questo traumatico, per un'istituzione metastorica come la Chiesa. Per una figura, come il Papa, che fonda il suo riconoscimento, la sua stessa legittimità, oltre ogni modernità. Oltre il tempo. Oltre l'età - propria e del mondo. Per questo, il gesto del Papa è un'ammissione di debolezza. Non solo propria, ma anche della Chiesa. Con effetti che rischiano di essere molto più rilevanti di quanto si pensi, nel rapporto tra la Chiesa stessa e la società. Soprattutto in Italia, dove ha sede il "Soglio pontificio".
D'altronde, la fiducia nei confronti della Chiesa, fra gli italiani, è calata sensibilmente. Negli ultimi 10 anni: di quasi 20 punti. Dal 63 nel 2003 al 44% di oggi (sondaggi Demos). In un Paese nel quale quasi tutti si dicono "cattolici" o, comunque, "cristiani", è interessante e significativo osservare come oltre metà dei cittadini non nutra fiducia nella Chiesa. La svolta, a questo proposito, avviene nel 2009, l'anno in cui esplodono gli scandali sulla pedofilia che coinvolgono molti esponenti del clero, a diverso livello e in diversi paesi. Lo stesso anno in cui Dino Boffo, allora direttore dell'Avvenire, viene "crocifisso" da lettere anonime - e false - amplificate e strumentalizzate da una pesante campagna di stampa. Allora la fiducia nella Chiesa crolla sotto il 50%. Al di sotto della metà degli italiani. Ma il declino procede, anche in seguito. Parallelamente alle vicende che scuotono il Vaticano. E testimoniano di una Chiesa lacerata da lotte di potere.
Certo, la Chiesa non è solo questa. È anche molto altro. Come testimonia la presenza di religiosi e organizzazioni in diversi luoghi del mondo, fra i poveri e i disperati. Lontano dal Vaticano. In Italia, peraltro, la Chiesa, in molte aree, costituisce un tessuto associativo e di servizi di grande importanza per il territorio e la società. Complementare, talora concorrente rispetto a quello pubblico. Ciò non è più sufficiente, però, a garantirle il credito della maggioranza dei cittadini. Diverso è l'atteggiamento nei confronti del Papa.
Benedetto XVI succede a Giovanni Paolo II. Papa Wojtyla. Capace, come pochi altri, nel nostro tempo, di "personalizzare" la Chiesa. Di unificarne l'immagine. Il Papa dei viaggi nelle diverse terre. Della riconciliazione con le altre religioni. Il Papa che ha estetizzato e sacralizzato anche il dolore, la malattia, la stanchezza. Fino alla morte. A differenza di Benedetto XVI, che invece si è "ritirato", ammettendo la propria inadeguatezza.
Ebbene, la popolarità di Papa Ratzinger resta sensibilmente al di sotto rispetto a quella di Woytila. Tuttavia, proprio negli anni degli scandali e del declino della Chiesa, la fiducia nei suoi riguardi è risalita. E nell'ultimo scorcio, dopo le dimissioni, è cresciuta ancora. Anche se il giudizio sulle ragioni della rinuncia divergono. Il 44% degli italiani (intervistati da Demos due settimane fa) le attribuisce a motivi di stanchezza e di salute, secondo la versione proposta dal Papa. Quasi altrettanti, il 43%, pensano, invece, che le dimissioni siano la conseguenza delle tensioni e delle lotte che lacerano il Vaticano.
Naturalmente, l'orientamento cambia in base alla pratica religiosa. I praticanti assidui, ma anche quelli saltuari, credono maggiormente alle spiegazioni del Papa. I non praticanti alle ragioni non dette e in-dicibili, da Ratzinger e dalla Chiesa. Tuttavia, anche fra i cattolici praticanti, l'incredulità sulla versione del Papa è molto estesa.
Tutto ciò ha contribuito, nell'ultimo periodo, a ridimensionare ulteriormente la "fede" nella Chiesa. Ma non la fiducia verso il Papa. Che, anzi, è risalita ben oltre la Chiesa stessa. D'altronde, oltre il 70% degli italiani si dice d'accordo con la decisione di Ratzinger. Senza grandi differenze tra praticanti e non praticanti. Anche chi ritiene queste dimissioni conseguenza del clima di tensioni e di conflitti interni al Vaticano approva, in larga maggioranza la scelta del Papa. Perché si tratta di un'ammissione di vulnerabilità e di inadeguatezza. Oppure di una "denuncia", non importa. È, comunque, un segno di "umanità". Avvicina il Papa agli uomini. Ma, forse, anche per questo, è destinato a indebolire ancor di più la Chiesa.
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