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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
L'EUROPA RINGRAZI GLI ANTIEUROPEI
[La Repubblica, 19 maggio 2014]

Per fortuna ci sono gli antieuropei. Che scendono in piazza contro l'Unione Europea e contro l'euro. Per fortuna dell'Europa. Ma, in fondo, anche di Renzi e del Pd. Perché grazie agli antieuropei si parla dell'Europa.

E grazie al M5s, oltre che a Renzi, anche il Pd ha ritrovato le piazze. Gli antieuropei. Sono i soli soggetti politici a mobilitarsi e a mobilitare l'opinione pubblica, in questa fase. D'altronde, l'Unione Europea piace a pochi. (Come emerge da un sondaggio Demos-Pragma per la Fondazione Unipolis, gennaio 2014.) Esprime fiducia nei suoi riguardi il 27% degli elettori, in Italia, come in Gran Bretagna (che, però, è fuori dall'euro), il 33% in Francia, il 38% in Spagna. Solo in Germania il consenso nella Ue è maggioritario (55%). Non a caso, visto che la Germania costituisce l'asse portante dell'Unione. E gran parte del malessere, negli altri Paesi, dipende proprio da questo.

Altrettanto - e, forse, più - negativo è il giudizio sulla moneta. Sull'euro. Poco più del 12 per cento degli italiani (intervistati da Demos, ottobre 2013) ritiene, infatti, che la moneta unica abbia prodotto «vantaggi ». Meno di metà rispetto a dieci anni prima, quando l'entusiasmo seguito all'ingresso nella moneta si era già consumato.

Nell'aria si respira, dunque, una diffusa euro-delusione, particolarmente densa presso le componenti sociali più vulnerabili. Gli operai, le casalinghe, i disoccupati. Ma anche i lavoratori autonomi. Soprattutto nel Centro Sud. Non c'è, dunque, da sorprendersi di fronte a questa "singolare" campagna elettorale europea. Nessuno che si azzardi a dirsi europeista, in modo convinto. Tanto meno, a favore dell'euro. Non solo in Italia. Ma soprattutto in Italia. Prevalgono gli argomenti eurodelusi. Eurocritici, se non euroscettici. Disposti, al più, a indicare "l'Europa che vorremmo". Che costruiremo. Domani. In caso di vittoria e di governo. Mentre ben più espliciti e determinati sono i soggetti - e i messaggi - politici antieuropei. Contro l'Europa delle banche e dei mercati, dei burocrati e dei funzionari. Contro l'Europa che neutralizza la sovranità degli Stati nazionali e/o dei popoli.

Al più, l'Europa disegnata da questa campagna elettorale è un "non-luogo". Un'entità incerta e indefinita. Per questo la campagna anti-europea diventa utile. Non tanto quella opportunista, condotta da Berlusconi, che contesta l'Europa (e la Germania) che lo contesta. Ma l'antieuropeismo determinato e convinto. Espresso, soprattutto, dalla Lega e dal M5s. La Lega, in nome dell'Europa dei popoli. E dell'indipendenza del popolo padano, in particolare. Il M5s, contro la democrazia in-diretta - e poco democratica - delle istituzioni europee. Definite, da Grillo, «un club Med, un dolce esilio dei trombati alle elezioni nazionali ». Ma, soprattutto, contro l'euro. Non a caso, il M5s propone di restare nella Comunità (non nell'Unione) Europea, ma di uscire dall'euro. Di tornare alla moneta nazionale. Con un referendum.

Ecco, la Lega e, soprattutto, il M5s - su posizioni peraltro lontane e diverse - hanno, comunque, il merito di porre l'Europa, le sue istituzioni, la sua moneta al centro del dibattito. Per paradosso, sono i principali partigiani dell'Europa e dell'euro. Perché li prendono sul serio. E suggeriscono, al tempo stesso, la questione che dovrebbe, davvero, venire posta e sottoposta a tutti, in questa fase. E cioè: cosa succederebbe se uscissimo davvero dall'Unione Europea? E dall'euro?

A dare ascolto ai sondaggi - che ovviamente non sono referendum - il risultato sembrerebbe netto e scontato. Il disincanto europeo, infatti, non pare giungere fino al punto di rottura. Fino a sfociare in euro-scetticismo o, peggio, in euro-rifiuto. Meno di un italiano su quattro, infatti, pensa che converrebbe uscire dalla Ue. Mentre meno del 30% pensa che l'Italia dovrebbe abbandonare l'euro e tornare alla lira. Gli italiani, dunque, in larghissima maggioranza, anche se insoddisfatti, restano attaccati alla Ue e all'euro. Perché temono che, "fuori" dall'euro e dalla Ue, le cose andrebbero peggio. Potrebbero precipitare. E dunque: l'Europa e l'euro "nonostante tutto", potremmo dire (echeggiando la formula coniata da Edmondo Berselli per l'Italia).

Il problema è che non è facile sostenere le buone ragioni di un'idea e di un progetto "nonostante tutto". Così prevale il silenzio. La reticenza. I sussurri. Gli unici a gridare sono gli anti Ue e soprattutto gli anti euro. Come Grillo. Che, peraltro, ha spostato la campagna delle europee sul piano interno. Nazionale. Non solo, ma soprattutto lui. Perché Grillo e il M5s sono divenuti i principali antagonisti del governo e di Renzi. Hanno trasformato il voto in un referendum: pro o contro Renzi. Pro o contro il M5s. Grillo, proprio per questo, sta mobilitando le piazze. Come prima del voto del febbraio 2013. Con la differenza, rispetto a un anno fa, che anche il Pd di Renzi lo ha seguito sullo stesso terreno. Che poi è il teatro tradizionale della sinistra. La piazza.

Al di là dello scontro sui numeri, in base a report giornalistici e fotografici, com'è avvenuto in occasione delle recenti manifestazioni di Reggio Emilia, la novità è questa. Non solo Grillo, ma anche il Pd di Renzi è tornato in piazza. Non avveniva da tempo. Ma di ciò deve ringraziare "anche" la sfida di Grillo. Che lo costringe a mobilitarsi, a rafforzare la propria identità attraverso la partecipazione e la comunicazione "pubblica". Ad agire come un "partito". Così gli antieuropei ci costringono a parlare dell'Europa e delle sue ragioni. Senza svalutarle. In quest'epoca di non-luoghi e di non-partiti, non mi pare una cattiva notizia.

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