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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
ELEZIONI EUROPEE, SE DECIDONO GLI INDECISI
[La Repubblica, 20 maggio 2019]

Domenica 26 maggio si voterà per il Parlamento europeo. Un voto che ha e avrà significato politico "nazionale". E i sondaggi condotti prima del "silenzio demoscopico" hanno indicato tendenze chiare. La Lega in vantaggio, anche se in leggero calo. Il M5s: molto indietro. Anche se le polemiche con la Lega, probabilmente, lo stanno aiutando. E, comunque, davanti al Pd. Gli altri: lontani. A giocare un'altra partita. Comunque, importante, in prospettiva futura. In vista degli equilibri "instabili" di una maggioranza "instabile". Che, difficilmente, verrà "stabilizzata" dalle prossime elezioni. Dagli esiti, peraltro, incerti. Perché l'incertezza è divenuta la cifra degli elettori. In Italia e non solo.

Il sondaggio di Demos, pubblicato su Repubblica il 10 maggio, ha fornito indicazioni eloquenti al proposito. Poco più di un terzo degli elettori, infatti, dichiarava di aver deciso come e per chi voterà. Di conseguenza, la quota degli in-decisi appare largamente maggioritaria. Certo, si tratta di elezioni "europee", che non suscitano lo stesso interesse di quelle politiche e amministrative. Come confermano gli indici di partecipazione, tradizionalmente più ridotti. Nel 2014, in Italia, ha votato circa il 57% degli aventi diritto. L'incertezza, peraltro, ha sempre accompagnato il voto europeo. Alle elezioni europee del 2014, infatti, il peso degli elettori che affermavano di non aver mai nutrito dubbi sulla scelta di voto raggiungeva il 50% (sondaggio post-voto, Demos). Mentre 10 anni fa, nel 2009, gli incerti erano un terzo. Si tratta, dunque, di una tendenza che dura da tempo.

Come abbiamo già osservato, in occasione di precedenti elezioni, la grande maggioranza degli elettori non vota più per "atto di fede", ma in base ad altre valutazioni. Più contingenti. Che spostano sempre più avanti il momento della decisione. Fino alla vigilia, anzi: al giorno stesso del voto. La componente del voto last minute (come l'ha definita Luigi Ceccarini), alle elezioni politiche del 2018, ha costituito oltre il 10% degli elettori. Come, del resto, si era già osservato nel 2013. In altri termini: oltre quattro milioni di votanti hanno deciso "se" e "per chi" votare il giorno prima o il giorno stesso delle elezioni. Magari nel tragitto da casa ai seggi. Talora, in cabina.

Peraltro, le nostre indagini hanno rilevato come circa un quarto, se non oltre, degli elettori, abbia maturato la propria decisione negli ultimi 7 giorni. In base a diverse ragioni. Con effetti rilevanti. Come in occasione delle elezioni politiche del 2013. Quando tutti i sondaggi ponevano il centrosinistra, guidato da Bersani, oltre il 30%. Mentre il M5s veniva stimato al 16-17%. E il centrodestra (Pdl-Lega) di Berlusconi, allora il vero avversario del Pd, intorno al 26-28%. Era una fase turbolenta, nel Pd. Come (quasi) sempre, dal momento della sua costituzione. Ma forse in misura anche maggiore. Perché alle primarie, svolte a fine 2012, si era imposto Pier Luigi Bersani, su Matteo Renzi. Producendo una divisione profonda fra i militanti, ma, soprattutto, fra gli elettori. Per questo, è probabile che, al momento del voto, una quota di elettori del Pd si sia spostato sul M5s. Strumentalmente. Per "indebolire" Bersani.

In fondo, nessuno poteva immaginare che il Partito di Grillo potesse costituire una seria minaccia, nella competizione elettorale. Così, in base a ragioni ragionevoli, si determinò un risultato imprevisto. E dalle conseguenze imprevedibili. Perché il centrosinistra e il centrodestra si allinearono, intorno al 29%. Mentre il M5s raggiunse il 25%. Ne emerse un paesaggio incerto e instabile. Che segnò la storia politica seguente. Fino ad oggi. Anche se molte altre cose sono successe, in seguito. Tuttavia, alcune indicazioni suggerite da quegli eventi restano valide. È per questa ragione che Salvini, vincitore annunciato, ha assunto un atteggiamento prudente. Tanto più dopo che Salvini stesso, in un recente e affollato comizio a Sanremo, ha paragonato il voto europeo a un referendum sulla Lega. Cioè, su se stesso. Difficile non evocare il precedente di Renzi, che trasformò un "referendum costituzionale" in un "referendum personale". Con esiti ir-reparabili. Per il suo PdR.

Ma la questione vera è che la partita elettorale è ancora, in gran parte, da giocare. Perché, se una larga parte degli elettori è ancora incerta e deciderà come e chi votare nell'ultima settimana, l'esito del voto è ancora da decidere. D'altronde, gli "indecisi", in occasione delle elezioni europee, sono di più, rispetto alle politiche. E attraversano tutti gli elettorati. In particolare, a sinistra e a centrosinistra. Mentre, sul piano sociale, l'incertezza pervade maggiormente i settori più "periferici". Le casalinghe, i pensionati, gli operai. Le donne, più degli uomini.

Così, è probabile che, per intercettare il voto last minute, dell'ultimo minuto, si assista a una campagna last minute. Soprattutto: in televisione. Il "mezzo" di comunicazione maggiormente seguito dai settori sociali più incerti. In quanto contribuisce a orientare la discussione e i dialoghi nelle cerchie interpersonali. In famiglia e fra gli amici. L'ambito più influente sulle scelte politiche.

Così è lecito attendersi giorni di spettacolo pre-elettorale. "In attesa di risultati" che potrebbero "risultare in-attesi". Perché se (una) gran parte degli elettori non ha ancora deciso, allora tutto può ancora succedere.

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