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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
IL VIRUS CHE ALLONTANA IL CUORE DEGLI ITALIANI DAL SOGNO EUROPEO
[La Repubblica, 6 aprile 2020]

Il coronavirus è una minaccia seria. Per la salute. Per la società. Ma anche per l'Europa. Perché ne sta mettendo in discussione i rapporti interni. L'unità. Il futuro. La questione è divenuta particolarmente chiara in Italia. Dove la domanda di Unione si è progressivamente raffreddata, dopo l'introduzione dell'Euro, nel 2001. Quando, l'Europa dell'Euro è apparsa non solo fonte di risorse, ma anche di costi. Crescenti. Enfatizzati dalla tendenza fra i cittadini e, prima ancora, nella classe politica, a spostare all'esterno le responsabilità (meglio ancora, la colpa) dei nostri problemi. Sul piano politico, economico e sociale. Allora, l'Europa è divenuta non solo una casa comune, ma anche un vincolo. Origine dei nostri problemi. Che è sempre utile attribuire ad altri. Situati altrove. Non si tratta, ovviamente, di una "questione (solo) italiana". Però in Italia è divenuta più evidente rispetto ad altrove. Perché i nostri problemi economici e politici, dopo gli anni Novanta, si sono complicati. Talora, "più che altrove". Infatti, in Italia, si è affermato un atteggiamento ambivalente, segnalato anche in altre occasioni. Gli italiani hanno abbandonato in fretta l'euro-entusiasmo. Senza imboccare mai la via dell'Ex-It.

Così, dal 2000, in un decennio, la fiducia verso la Ue è crollata di 20 punti. Si è ridotta al 37%, nel 2011 (secondo le indagini sul Rapporto fra gli Italiani e lo Stato, di Demos-Repubblica). Ma oggi, al tempo del coronavirus, è scesa ancora: al 30%. Per reazione all'atteggiamento di molti governi europei, in particolare del Centro Nord. L'Olanda, i Paesi scandinavi e la stessa Germania, infatti, guardano l'Italia e i suoi "vicini", con poca indulgenza. Come un peso e un costo. I governi nordeuropei, infatti, devono fare i conti con le opinioni dei loro cittadini, che non intendono pagare anche per i "nostri" problemi. D'altronde, nei Paesi europei del Centro Nord i partiti cosiddetti "sovranisti", attenti soprattutto agli interessi nazionali, hanno assunto un ruolo politico e peso elettorale crescente. Lo stesso, peraltro, è avvenuto nei Paesi Mediterranei. Il coronavirus ha infettato anche l'Europa politica e monetaria. L'Unione Europea e l'Euro-zona. L'uscita del Regno Unito, peraltro, ha indebolito ulteriormente la Ue. Che oggi appare sicuramente più vulnerabile. Di fronte ai soggetti politici che remano contro.
Tuttavia, è difficile immaginare che l'Italia, insieme ai "vicini mediterranei", possa reggere il peso della crisi - oggi sanitaria e domani economica - senza il sostegno della Ue. Il suo debito è troppo ampio. E il costo di questa emergenza è pesantissimo. E rischia di aumentare, quando finirà questa emergenza. Cioè, in un futuro ancora in-definito.

Si tratta di un problema di cui gli italiani sono consapevoli. In larga maggioranza. Per questo, da molto tempo, sono europei "nonostante". Cioè, "nonostante non si fidino dell'Unione Europea". E oggi neppure dell'Euro. Orientamenti molto diffusi soprattutto fra gli elettori di Centro-destra. In primo luogo: la Lega. Solo il 13% dei leghisti, infatti, esprime fiducia verso la Ue. Mentre, al contrario, si dicono europeisti 2 elettori del Pd su 3.

Eppure, di fronte alla prospettiva di uscire dalla Ue e dall'Euro, non hanno dubbi. Circa due terzi degli italiani, voterebbero contro, in caso di referendum su questi temi. Gli italiani, dunque, non hanno fiducia della Ue. Neppure dell'Euro. Però preferiscono restare in entrambi questi "campi". Nell'Euro-zona. E nella Ue. Per sicurezza. O per in-sicurezza. Perché restare fuori rischierebbe di produrre conseguenze pesanti. Irrimediabili. Il problema, però, è reciproco. Non riguarda solo l'Italia. Ma anche gli altri Paesi. La Germania, il Belgio e la stessa, Olanda. Oggi riluttante verso l'Italia "dissipatrice". Tanto che Romano Prodi, già Presidente della Ue, sollecitato da Fazio, a "Che tempo che fa", ha chiesto, un po' polemicamente (ma non troppo): "Ma gli olandesi, se succede una grande crisi, a chi venderanno i tulipani? Si mettono a coltivare crisantemi?".

E, per allargare il discorso, se la "grande crisi" travolgesse l'Italia e altri Paesi vicini, che ne sarebbe dell'Unione Europea? Dell'Euro-zona? Un'area divenuta più ampia - e al contempo fragile - dopo l'allargamento ai Paesi post-sovietici, riuniti nel patto di Visegrad. Oggi largamente allineati sulle posizioni della Germania.
Perché, senza la solidarietà europea, l'Italia, non può reggere. Ma la stessa Unione Europea perderebbe significato senza l'Italia (e i Paesi vicini). Per il peso economico, demografico, politico del nostro Paese. E per il ruolo che occupa nella storia dell'Unione Europea. In quanto socio fondatore.
L'Unione Europea è sorta, non per caso, all'indomani del secondo conflitto mondiale. Per evitare altre guerre. Una "promessa mantenuta". Non per caso, l'immagine della "guerra mondiale" viene riproposta anche oggi. In modo, talora, strumentale. Per comunicare e orientare - piuttosto che per spiegare - quanto sta avvenendo. Con l'irruzione del Covid-19.

Così, è opportuno guardare avanti. Perché riusciremo sicuramente a fronteggiare il corona-virus. Anche se non si sa bene "quando". E "come". Ma c'è un Virus europeo che cova da tempo. E rischia di degenerare, se non si deciderà di curarlo. Costruendo davvero l'Unione. Politica, oltre che economica. Senza rassegnarsi a (in)seguire una bandiera che presenta, come unico simbolo, una moneta.

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