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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
DEMOCRAZIA VIRALE CON LA PANDEMIA TORNA LA VOGLIA DI PARLAMENTO
[La Repubblica, 11 gennaio 2021]

Nell'ultimo anno sono avvenuti cambiamenti profondi, che attraversano la società, la politica. E la democrazia. La principale causa di queste trasformazioni è il contagio. Il Virus. Ma non è l'unico motivo. Vi sono altri fattori che inter- agiscono e concorrono ad alimentare un "disagio democratico". Fattori globali, che agiscono su base inter-nazionale. Come abbiamo potuto osservare, in diretta, negli Usa, dopo l'esito delle elezioni presidenziali, che hanno sancito il successo di Joe Biden.

Un verdetto "falso e falsato", secondo Donald Trump. Che ha aizzato i suoi sostenitori, inducendoli a invadere le piazze, a Washington, fino a irrompere nel Palazzo del Congresso. Luogo centrale della democrazia degli Usa. E dell'Occidente.

Un concetto che, come ha spiegato Ezio Mauro (intervistato da Gregorio Botta su Robinson ), va oltre una definizione "geopolitica", perché indica un modello di valori. Il "disagio democratico", tuttavia, è stato sicuramente aggravato dalla pandemia. Che, negli Usa, ha agito a sfavore di Trump. Anche in Italia, però, l'irruzione del Covid ha contribuito a generare cambiamenti significativi. Nel sentimento pubblico dei cittadini, ma anche nel funzionamento della democrazia. Siamo, infatti, entrati in uno "Stato di emergenza", che ha rafforzato l'esecutivo rispetto al Parlamento.

I provvedimenti adottati per affrontare la pandemia e la crisi economica - oltre che sanitaria - hanno, di fatto, accentuato questa tendenza. Sottolineata dai decreti che si sono succeduti, nel corso dei mesi. Fino allo scorso novembre: 19. Ma il 3 dicembre successivo ne è stato stabilito uno nuovo. E dal 16 gennaio sono previste nuove restrizioni, stabilite da un nuovo Dpcm. Una sigla divenuta familiare: decreto del presidente del Consiglio dei ministri. Dunque, da quasi un anno, l'Italia è governata "per decreto" dal presidente del Consiglio. In collaborazione - e talora in concorrenza - con i presidenti di Regione. Così siamo divenuti una "Repubblica presidenziale di fatto", governata dal governo e dai governatori. Anche se restiamo una "democrazia fondata sulla sfiducia" verso i partiti, i leader "politici". Insomma, verso gli attori della "democrazia rappresentativa". Si tratta di un sentimento diffuso, che ha radici profonde. Fin dalla cosiddetta "Prima Repubblica", quand'era interpretato, soprattutto, dalla Dc. Il "partito di governo" per definizione, in un sistema di "bipartitismo imperfetto" e senza alternative, secondo la nota formula di Giorgio Galli (che ci ha lasciati pochi giorni fa). La Dc, tuttavia, aveva "normalizzato la sfiducia". Traducendola in una risorsa del consenso a proprio favore. Nella Seconda Repubblica questo orientamento è stato intercettato ed enfatizzato, soprattutto, da Silvio Berlusconi. Che, negli anni Novanta, ha inaugurato la stagione dei "partiti personali", come li ha definiti Mauro Calise.

Perché Forza Italia è il primo, importante esempio del passaggio dal "partito di massa" al "partito del capo" (per citare Fabio Bordignon). Infine, nell'ultimo decennio, la sfiducia verso la politica si è tradotta in "anti-politica". Ed è divenuta il "discorso politico" dominante interpretato da "non-partiti" e da "partiti personali". Lo stesso Pd, erede dei partiti di massa, si è personalizzato, dopo l'affermazione di Matteo Renzi. Che l'ha progressivamente trasformato nel PdR. Il Partito di Renzi. Fino a quando, nel settembre 2019, frustrato dal ruolo periferico assunto all'interno del Pd, ha fondato Italia Viva. Un "partito personale", seguito - fino ad oggi - da poche persone. Nell'ultimo anno, infine, abbiamo assistito a "un'altra storia". Dettata dall'irruzione del Virus. Che ha modificato l'atteggiamento dei cittadini verso la democrazia. Come abbiamo mostrato, su Repubblica, attraverso le indagini di Demos.

In primo luogo, ha favorito - presso un terzo dei cittadini - la disponibilità a "sospendere alcune regole della democrazia".

In secondo luogo, l'insicurezza generata dal Covid, ha confermato, e, anzi, allargato la domanda di un "leader forte", espressa, attualmente, da quasi il 60% degli italiani. Questo orientamento ha rafforzato il consenso verso il premier, Giuseppe Conte, e verso il governo. In misura molto più ampia che in precedenza. Ha, inoltre, legittimato le istituzioni dello Stato. La fiducia nel Parlamento, per quanto limitata (23%), ha raggiunto il livello più elevato degli ultimi 10 anni. E oltre il 60% dei cittadini ritiene che debba avere un ruolo fondamentale, per la nostra democrazia. Una convinzione condivisa, in massima misura, dagli elettori dei partiti al governo - e in primo luogo del Pd. Ma che risulta, comunque, maggioritaria anche nella base delle altre forze politiche.

Così la nostra "democrazia parlamentare" interpreta un clima d'opinione pervaso, al tempo stesso, da senso di insicurezza e domanda di autorità. In equilibrio (instabile) fra disponibilità a limitare i diritti e crescente fiducia verso le istituzioni rappresentative.

È la cornice esemplare della "democrazia virale" che segna il nostro tempo.

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