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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
POLITICA, PIÙ DONNE: OBIETTIVO DA RAGGIUNGERE MA SENZA LE QUOTE ROSA
[La Repubblica, 21 giugno 2021]

La "questione femminile" è da tempo al centro dell'attenzione pubblica. Riguarda, ovviamente, la sotto-valutazione delle donne negli ambienti più significativi. In ambito professionale, sociale e, naturalmente, politico. Perché la "politica" riguarda i poteri. Anzi, "il potere". Certo, sul piano dei diritti, la parità è stata raggiunta. Sancita dalla Costituzione. Come ha rammentato il Presidente Sergio Mattarella, "dal 1948 ad oggi sono stati fatti tanti passi in avanti". Tuttavia, "per raggiungere un'effettiva parità, dobbiamo rimuovere quegli ostacoli, che rendono tuttora difficile, alle donne, lavorare, raggiungere le posizioni più importanti, partecipare, in egual misura, alla vita delle istituzioni". A questo fine, però, è importante capire quale sia il percorso più efficace. In particolar modo, se convenga ricorrere a obblighi di legge, com'è avvenuto in alcuni settori. Attraverso le "quote rosa", che mirano a garantire la parità di genere nell'organico delle principali strutture pubbliche e private. Questi provvedimenti hanno contribuito a ridurre un gap, che, però, nel mercato del lavoro persiste ancora. Mentre lo squilibrio "storico", che caratterizza l'Italia su base internazionale, si è ridimensionato soprattutto in ambito istituzionale. In Parlamento: nel 2004, le donne erano il 10%. Oggi, poco più di un terzo. Dunque, ancora in "minoranza", ma aumentate di tre volte. Fra loro, la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. E non sono poche le donne a occupare ruoli di rilievo nei partiti. Tra loro, Giorgia Meloni, la leader del principale partito di Destra. L'unico all'opposizione. I FdI. Come in Francia, dove Marine Le Pen guida il "Rassemblement (un tempo: Front) National". Che i sondaggi indicano come il primo partito. Orientamenti che, però, non implicano, automaticamente, il successo alle presidenziali del prossimo anno. Regolate da un sistema elettorale maggioritario a doppio turno.

La parità di genere, in politica, come mostra un recente sondaggio condotto da Demos, resta un obiettivo importante. Condiviso e, anzi, da rafforzare ulteriormente, secondo una larghissima maggioranza degli italiani. Anche se le opinioni sul percorso da seguire sono diverse e differenti. Se non proprio divergenti. Poco meno della metà degli intervistati (47%), infatti, ritiene che il numero delle donne in politica - e, dunque, nelle istituzioni - debba aumentare, ma senza ricorrere a nuovi provvedimenti. Come, invece, pensa (quasi) un terzo degli italiani intervistati. È interessante osservare come fra le donne assuma maggiore rilevo (che fra gli uomini) l'opzione "normativa". Il ricorso a ulteriori quote stabilite per legge. Anche gli uomini pensano, in maggioranza, che il peso delle donne in politica debba aumentare ancora. Ma in parte limitata "per decreto". Attraverso "quote rosa" - o di altro colore. Le opinioni appaiono meno "definite" quando si considera l'orientamento politico. La soluzione "normativa" è condivisa maggiormente presso la base elettorale di FI e del PD. Mentre fra gli elettori nel M5S è più marcata la preferenza verso percorsi diversi, con il medesimo fine. Infine, lo "status quo" è auspicato, soprattutto, tra i leghisti. Tuttavia, si tratta di un orientamento sostenuto da una minoranza ridotta e limitata. Intorno al 17%, sul totale degli elettori.

Dunque, la "questione femminile", in politica, esiste. Ma risulta molto più critica ed evidente in altri settori. Soprattutto, in ambito lavorativo. Il tasso di occupazione delle donne, infatti, è più basso di quasi 20 punti, rispetto agli uomini. E lo stesso avviene per i loro redditi. La pandemia ha ulteriormente accentuato questo divario, generato, in particolare, dal lavoro domestico. Nella gestione della casa e, soprattutto, nella cura dei figli e degli anziani non autosufficienti. In altri termini, "l'handicap" femminile dipende dall'impegno delle donne in ambito familiare. Da sempre. E, oggi, ancor di più, visto che il Covid ci ha "costretti" dentro le mura domestiche. Così, alcuni più degli altri, soprattutto le donne, accumulano e sommano i carichi di lavoro "a distanza" con quelli "in presenza". Cioè: a casa. Per questo non è facile perseguire e realizzare la parità di genere. Soprattutto nel lavoro. Perché la dis-uguaglianza ha una storia lunga. Che grava sul presente. Tanto più oggi. In "politica" le differenze di genere possono essere condizionate e ridotte attraverso strumenti "politici". Per legge. Ma nessuna legge può trasferire agli uomini compiti che, da sempre, sono "sovrac-caricati" sulle donne. A questo fine, servirebbero - e servono - servizi più estesi e diffusi, per affiancare e sostenere le famiglie. Che restano il centro della vita sociale. Anzi: "della vita". In Italia più che altrove. Altrimenti, le donne, come già avviene, saranno costrette ad accettare occupazioni vicine a casa, per proseguire il loro impegno domestico. Riprendendo di nuovo le parole del Presidente Mattarella: "per la conciliazione tra lavoro e vita familiare, c'è ancora strada, molta strada, da fare".

Per questo, se vogliamo per-seguire l'obiettivo della parità di genere, dobbiamo guardare oltre la politica. O meglio, dobbiamo utilizzare la politica per sostenere ciò che le donne fanno in ambito domestico. In famiglia. Sempre. Tanto più se lavorano fuori casa. Oppure, a casa. Attraverso il DLAD: il Doppio Lavoro a Distanza.

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