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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
LA GIUSTIZIA DIVIDE GLI ITALIANI, RIFORMA APPESA A UN PUGNO DI VOTI
[La Repubblica, 3 novembre 2025]

La riforma della giustizia è un tema di grande rilievo politico. Perché il potere giudiziario è centrale, nelle democrazie. In Italia più che altrove, visto che il ruolo dei magistrati ha segnato un cambio d’epoca, per la nostra democrazia. Negli anni Novanta, quando le inchieste condotte dai magistrati, in particolare da Antonio Di Pietro, segnarono la fine della prima Repubblica.

Oggi la situazione è diversa. Perché il governo dispone di una maggioranza ampia. Intorno alla leader ??" e premier ??" Giorgia Meloni. E per questo indisponibile a subire la pressione esercitata dai magistrati, che ??" secondo lo stesso governo ??" ne frenano l’azione e ne mettono a rischio la durata. Per questo motivo, come è divenuto evidente dopo l’intervento della Corte dei conti, che ha fermato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, bandiera della Lega di Matteo Salvini, i magistrati sono ri-divenuti il principale avversario del governo. La vera opposizione. Da affrontare senza esitazioni.

Un obiettivo perseguito attraverso la riforma della separazione delle carriere dei magistrati, che prevede per giudici e magistrati percorsi distinti e “separati”, senza possibilità di passaggio dall’una all’altra carica.

Il recente sondaggio condotto da Demos conferma come il tema costituisca una questione importante e, al tempo stesso, controversa. Perché “divide” gli italiani in modo evidente. In due “parti”, per non dire... “partiti”. Distinti e distanti. Senza che emergano preferenze precise.

Certo, la “parte” (per non dire il “partito”) che sostiene la riforma prevale, ma non in misura netta. È, infatti, condivisa dal 51% dei cittadini intervistati. Mentre coloro che, al proposito, esprimono dissenso, si fermano al 44%. Ma si tratta, evidentemente, di una maggioranza limitata e relativa. Che, nel referendum costituzionale non garantisce un esito coerente con la decisione del Parlamento. Basta pensare a quanto è avvenuto in occasione del referendum costituzionale del 2016, promosso da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, che mirava al superamento del bicameralismo paritario. Anche se, inizialmente, appariva probabile ??" e quasi certa ??" la sua approvazione (secondo le indicazioni dei sondaggi) alla fine venne bocciato dai cittadini. In questo caso l’esito di una consultazione appare ancora più incerto. Non solo per ragioni di consenso, ma di comprensione. Perché si tratta di una materia complessa. E, come sottolinea il sondaggio di Demos, con una distribuzione delle opinioni molto equilibrata.

È, tuttavia, evidente come gli orientamenti siano orientati anzitutto dalle preferenze politiche. E di partito. La linea di divisione principale è, infatti, costituita dalla scelta di schieramento. Fra maggioranza e opposizione. Gli elettori dei partiti al governo, infatti, esprimono un sostegno esplicito per la riforma. Condivisa da una maggioranza pressoché “totale” dagli elettori dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Ma sostenuta anche da una larga maggioranza fra coloro che sostengono Forza Italia e la Lega.

La riforma della giustizia è un tema di grande rilievo politico. Perché il potere giudiziario è centrale, nelle democrazie. In Italia più che altrove, visto che il ruolo dei magistrati ha segnato un cambio d’epoca, per la nostra democrazia. Negli anni Novanta, quando le inchieste condotte dai magistrati, in particolare da Antonio Di Pietro, segnarono la fine della prima Repubblica.

Oggi la situazione è diversa. Perché il governo dispone di una maggioranza ampia. Intorno alla leader ??" e premier ??" Giorgia Meloni. E per questo indisponibile a subire la pressione esercitata dai magistrati, che ??" secondo lo stesso governo ??" ne frenano l’azione e ne mettono a rischio la durata. Per questo motivo, come è divenuto evidente dopo l’intervento della Corte dei conti, che ha fermato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, bandiera della Lega di Matteo Salvini, i magistrati sono ri-divenuti il principale avversario del governo. La vera opposizione. Da affrontare senza esitazioni.

Un obiettivo perseguito attraverso la riforma della separazione delle carriere dei magistrati, che prevede per giudici e magistrati percorsi distinti e “separati”, senza possibilità di passaggio dall’una all’altra carica.

Il recente sondaggio condotto da Demos conferma come il tema costituisca una questione importante e, al tempo stesso, controversa. Perché “divide” gli italiani in modo evidente. In due “parti”, per non dire... “partiti”. Distinti e distanti. Senza che emergano preferenze precise.

Certo, la “parte” (per non dire il “partito”) che sostiene la riforma prevale, ma non in misura netta. È, infatti, condivisa dal 51% dei cittadini intervistati. Mentre coloro che, al proposito, esprimono dissenso, si fermano al 44%. Ma si tratta, evidentemente, di una maggioranza limitata e relativa. Che, nel referendum costituzionale non garantisce un esito coerente con la decisione del Parlamento. Basta pensare a quanto è avvenuto in occasione del referendum costituzionale del 2016, promosso da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, che mirava al superamento del bicameralismo paritario. Anche se, inizialmente, appariva probabile ??" e quasi certa ??" la sua approvazione (secondo le indicazioni dei sondaggi) alla fine venne bocciato dai cittadini. In questo caso l’esito di una consultazione appare ancora più incerto. Non solo per ragioni di consenso, ma di comprensione. Perché si tratta di una materia complessa. E, come sottolinea il sondaggio di Demos, con una distribuzione delle opinioni molto equilibrata.

È, tuttavia, evidente come gli orientamenti siano orientati anzitutto dalle preferenze politiche. E di partito. La linea di divisione principale è, infatti, costituita dalla scelta di schieramento. Fra maggioranza e opposizione. Gli elettori dei partiti al governo, infatti, esprimono un sostegno esplicito per la riforma. Condivisa da una maggioranza pressoché “totale” dagli elettori dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Ma sostenuta anche da una larga maggioranza fra coloro che sostengono Forza Italia e la Lega.

Il consenso, invece, cala sensibilmente nella base del M5S e, ancor più, del Partito democratico. Questa differenza cresce quando le opinioni sulla riforma del sistema giudiziario vengono considerate in base al giudizio nei confronti del governo guidato da Giorgia Meloni. In questo caso, infatti, la divisione diviene “frattura”. E ciò suggerisce come la questione della giustizia sia divenuta una bandiera per questo governo. E soprattutto per chi lo guida. I magistrati, in altri, termini, interpretano “la parte dell’altra parte”. Di coloro, cioè, che si schierano contro questo governo e, anzitutto, contro chi lo dirige. Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio. Che dispone di un gradimento ampio, simile a quello nei confronti dei magistrati.

Tuttavia, proprio per questa ragione, allargare questa frattura può essere rischioso per la premier. Perché trasformerebbe i magistrati nel nemico. E ne farebbe un riferimento per quanti ritengono, comunque, la magistratura un polo di aggregazione. Alternativo, per coloro che non si riconoscono nel governo. E, soprattutto, per quanti pensano che giudici e magistrati non possano essere svalutati. O, peggio, oscurati. In nome di interessi politici. E di potere.

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