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Contro l’autonomia sei italiani su dieci e anche al Nord adesso dicono no (25 novembre 2024)
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Le mafie sono tra noi. Cresce il pericolo di una assuefazione (17 novembre 2024)
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La generazione globale i giovani realizzano vita e carriera all’estero (11 novembre 2024)
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Tra immigrazione e criminalità tornano a crescere le paure degli italiani (28 ottobre 2024)
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI
La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica. |
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BIGLIETTO DI SOLA ANDATA [La Repubblica, 16 settembre 2007]
La pausa estiva non sembra aver alleggerito il clima d'opinione del Paese. Otto italiani su dieci, infatti, pensano che le cose, nel Paese, vadano male. Il dato emerge dal sondaggio condotto da Demos-Eurisko per la Repubblica nei giorni scorsi. Nel pessimismo diffuso, tuttavia, si coglie qualche segno di ripresa, rispetto allo scorso giugno, quando la polemica contro i privilegi della "casta" era appena esplosa. Quando si era riaperto "l'affaire Unipol", che ha coinvolto i leader dei Ds. Allora la fiducia nel governo era caduta al livello minimo da tanti anni a questa parte: 27%. Oggi è risalita al 30%. Ancora molto bassa, dunque. Il bicchiere, infatti, per oltre i due terzi è vuoto. Anche le stime elettorali, per il centrosinistra, migliorano. Ma, nuovamente, di poco. Un punto e mezzo appena. Il distacco dell'Unione dal Centrodestra, quindi, resta molto ampio: circa il 10%. La metà, se si considera separatamente l'UDC, che da qualche tempo tende a marcare la propria autonomia e la propria vocazione "centrista". Il leggero recupero del centrosinistra dipende, quasi per intero, dalla crescita del PD. Vi hanno contribuito la campagna in vista delle primarie, la candidatura alla segreteria di Veltroni, cui ha attribuito maggiore significato la sfida lanciata da leader autorevoli, come Rosy Bindi ed Enrico Letta. Negli ultimi due mesi e mezzo, dunque, è risalito di due punti. Si è attestato un po' sopra al 26%. Un dato, comunque, sensibilmente inferiore al risultato ottenuto dall'Ulivo alle elezioni politiche del 2006 e in quelle europee del 2004, quando superò il 30%. Un esito considerato, allora, deludente. Oggi verrebbe celebrato come un successo. A differenza del recente passato, inoltre, anche la sinistra cosiddetta "radicale" - e in particolare RC - flette. Il che conferma la difficoltà di "fare l'opposizione nel governo". Per il resto, solo il "Di Pietro party" recupera qualcosa. Favorito dal "vento del 1992". La SD, uscita dai DS per non "morire Democratica", è una frazione. Così, il centrosinistra continua ad apparire debole, sul piano elettorale. Riflesso dello scarso livello di fiducia del governo tra i cittadini, in generale, e della delusione degli elettori di centrosinistra, in particolare. D'altronde, la gerarchia dei problemi che preoccupano l'opinione pubblica favorisce sicuramente la destra. La paura della criminalità, la xenofobia (letteralmente: paura degli stranieri - e quindi degli immigrati); e ancora: le tasse. Occupano da mesi e mesi il centro del dibattito politico e mediatico. Mentre, rispetto a qualche anno fa, hanno perso rilievo i temi "sociali", coerenti con i progetti e i valori della sinistra: il lavoro, l'ambiente, il costo della vita, i servizi sociali. L'attenzione verso temi etici "sensibili", come la revisione della legge sull'aborto, rafforza l'impressione che sulla società soffi un impetuoso vento di destra. Spinto anche dalla domanda di una nuova stagione di processi alla politica, considerata corrotta e inefficiente. Mentre il progetto di riformare le pensioni, per quanto risponda a un'esigenza largamente condivisa, continua ad essere avversato dalla maggioranza degli elettori. Soprattutto di centrosinistra. Da ciò il problema della maggioranza e del governo, oggi. Tra due fuochi. Perché il centrosinistra continua ad essere avversato dai lavoratori autonomi e indipendenti, che lo considerano il "partito statalista delle tasse"; e lo giudicano "troppo buono" per difendere dalla criminalità e dagli immigrati (considerati quasi "sinonimi"). Ma sconta anche la frustrazione del "proprio" elettorato tradizionale: i lavoratori dipendenti pubblici, gli operai delle grandi imprese, insoddisfatti dei propositi di riforma in tema di pensioni e di flessibilità del lavoro. Questi indici evocano una stagione instabile, incerta. Non una tendenza irreversibile. C'è, invece, molta - fluida - attesa. Soprattutto - ma non solo - nel centrosinistra. Dettata dalle primarie, che avranno luogo fra un mese, il prossimo 14 ottobre. Il rito che sancisce il passaggio del Partito Democratico da progetto a soggetto. Una scadenza che suscita, però, sentimenti contrastanti. Una grande domanda di cambiamento insieme al timore, altrettanto grande, che prevalgano la conservazione e il trasformismo. Vediamo i "segni" dell'attesa. a) La candidatura di Walter Veltroni ha smosso le acque stagnati in cui rischiava di affondare il PD. Il sondaggio di Demos-Eurisko gli attribuisce un successo molto netto alle prossime primarie, con oltre il 70% dei voti. Nonostante oggi sia un "leader di parte", però, continua a mantenere un elevato consenso nella società. Infatti, insieme a Fini, egli appare ancora il leader politico "più amato dagli italiani". b) L'elettorato potenziale del PD è molto più ampio di quello attuale. Le stime, oggi, gli attribuiscono poco più del 26% dei voti validi, ma la quota di coloro che ritengono possibile votarlo è molto più ampia. Intorno al 44%. Quasi il doppio. La componente dei "democratici indecisi" è costituita, in larga misura (40%), da elettori incerti "se" e "per chi" votare. In attesa; sulla soglia che separa speranza e delusione. In altri termini, il progetto del PD è accompagnato, nel centrosinistra, da grandi aspettative, ma anche da un grande scetticismo, determinato dalle contrastanti vicende che ne hanno contrassegnato il cammino fino ad oggi. Un sentimento conteso e diviso, che emerge da alcuni dati dell'Atlante politico di Demos-Eurisko. 1. Il primo, segnalato nei giorni scorsi, riguarda il V-people. La base dei sostenitori delle manifestazioni promosse da Beppe Grillo. La cui incidenza è del 43% fra gli elettori in generale, ma sale al 58% fra quelli dell'Unione e supera il 60% fra i Democratici. I più determinati, quindi, nella critica radicale alla politica e ai politici espressa da Grillo. 2. L'altro segno è fornito dalla richiesta che la magistratura, per combattere la corruzione politica, intervenga, oggi, "come ai tempi di Tangentopoli". Opinione condivisa da una maggioranza massiccia, nella popolazione: l'80%. Un dato che, però, sale all'84%, fra gli elettori dell'Unione, e aumenta ancora, seppur di poco, fra i Democratici. Il che sottolinea, anzitutto, la distanza dell'attuale "sentimento antipolitico" rispetto all'esempio dell'Uomo Qualunque di Giannini, continuamente evocato, in questa fase. Ma l'UQ raccoglieva il voto di componenti politicamente e socialmente "marginali". Mentre la "protesta antipolitica", oggi, proviene in gran parte da componenti sociali "politicizzati", che appartengono a settori professionali "intellettuali", residenti in aree "urbane". Esprime, dunque, non solo una generica protesta "contro" la politica. Ma anche la domanda di "cambiarla". Di realizzare le promesse di rinnovamento, efficienza, moralizzazione troppe volte avanzate e sempre eluse e deluse, negli ultimi 15 anni. Questo sentimento appare particolarmente diffuso e ampio nella base del nascente PD e nel centrosinistra. Da ciò il rischio, costituito dalle primarie e dalla nascita del PD. Vissute non come una semplice opportunità, ma come l'ultima chance. L'ultima chiamata. Se la costruzione del PD, fin dalle primarie, venisse viziata da giochi di potere, pilotati dall'alto, dai soliti noti; se si rivelasse una finzione, un'operazione guidata dagli apparati dei vecchi partiti, al centro come in periferia; se, per questo, risultasse incapace di sviluppare la comunicazione con la società; se, contro le attese, rinunciasse a cambiare "davvero" la classe dirigente, i metodi e il linguaggio della politica: allora, non sarebbe retorico parlare di "un nuovo 1992". Quindici anni dopo: potrebbe liquefare ciò che resta della sinistra. |
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