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ALTRE RICERCHE - GIOVANI E POLITICA, UNA GENERAZIONE ALTROVE

Indagini e approfondimenti sull'evoluzione dell'opinione pubblica e sulle dinamiche politico-elettorali in Italia.
GIOVANI E POLITICA, UNA GENERAZIONE ALTROVE
[La Repubblica, 17 aprile 2013]

Giovani e adulti: si somigliano molto, in Italia. Almeno, in rapporto alla politica e alle istituzioni. Lo stesso distacco. Anzi, per la precisione, è la generazione dei giovani a segnare il percorso. La direzione. Gli adolescenti e i giovani-più-giovani (così definiamo quelli di età compresa fra 15 e 24 anni), ma anche i giovani-adulti (fra 25 e 34 anni), esprimono un livello di fiducia davvero basso, anzi, minimo nei confronti dei principali attori e della più importante istituzione della "democrazia rappresentativa". Cioè, i partiti: poco sopra al 4%. E il Parlamento: appena un po' di più. (Utilizziamo, qui, i dati di numerose indagini condotte da Demos e LaPolis-Università di Urbino. ) Ma la sfiducia si estende anche allo Stato. In misura maggiore rispetto alla popolazione nell'insieme. Un disincanto acuto, che si è accentuato negli ultimi anni. Dopo il 2006, quando, perlomeno, dimostravano maggiore confidenza verso gli attori e le istituzioni rappresentative rispetto agli adulti. Oggi non più.

D'altronde oltre la metà di essi (e il 55% tra i giovani-adulti) ritiene che la democrazia non abbia bisogno dei partiti, per funzionare bene. Anzi, visto il distacco espresso nei loro confronti, è, semmai, vero il contrario. Cioè: pensa che i partiti siano un ostacolo alla democrazia vera. Anche in questo caso: si tratta di opinioni diffuse nella popolazione. Ma fra i giovani, in misura del tutto particolare. Così si spiega l'incertezza che li ha accompagnati, nella recente stagione elettorale.

Solo una quota minoritaria di essi, poco superiore al 40%, afferma di non aver avuto mai dubbi sul voto da esprimere. I giovani: appaiono molto più "incerti" degli adulti. Più indecisi rispetto alle elezioni del 2006, quando, peraltro, le differenze tra generazioni apparivano meno rilevanti. E tutti, giovani, adulti e anziani, dimostravano convinzioni più forti e più solide, su chi votare. Oggi non è più così. Oltre il 40% dei giovani-più giovani e il 45% dei giovani-adulti sostengono, infatti, di non aver votato per fiducia in un partito e nel suo leader. Ma per sfiducia verso gli altri - leader e partiti. Alle precedenti elezioni, nel 2008, gli elettori di protesta, fra i giovani, erano molto meno numerosi. Intorno al 30%. Negli ultimi anni, fra i giovani, è, dunque, cresciuto un sentimento di diffidenza e insoddisfazione verso gli attori politici. I partiti e i loro leader. Come in tutta la società, d'altronde. Ma in misura maggiore. Più acuta. E più rapida. Lo sottolineano, in modo eloquente, gli orientamenti di voto. Che, fra i giovani, enfatizzano le principali tendenze complessivamente emerse alle ultime elezioni. In particolare e soprattutto: il consenso al M5S. Che raggiunge quasi il 30% fra i più giovani, ma sfiora il 36% fra i giovani-adulti. Appena sotto il risultato raggiunto fra gli adulti-giovani (35-44 anni).

L'insoddisfazione verso il sistema politico e la protesta contro i partiti principali, dunque, hanno raggiunto limiti estremi. Ormai irrilevanti e quasi irrilevabili, dal punto di vista statistico. Da ciò la crescente incertezza elettorale e la diffusa tentazione astensionista, da un lato. E, dall'altro, il successo tributato al MoVimento guidato da Grillo. Mentre, i principali partiti della Seconda Repubblica, fra i giovani, si sono ridotti quasi a comparse. Il PD, si ferma al 18%, fra i più giovani. Ma scende ulteriormente, intorno al 15%, fra i giovani-adulti. Il PD ha, infatti, ottenuto il massimo dei consensi (37%) fra gli ultra65enni. È un partito di anziani e di pensionati. Come il PdL, d'altronde. Che, fra i giovani-adulti, supera il 20%. Ma tra i più giovani scende all'11%. E fra gli studenti, in particolare, arretra ulteriormente, al 9,5%. Superato anche da Scelta Civica. Gli orientamenti verso i partiti si riflettono sulla fiducia verso i leader. Che raggiunge i livelli più elevati a favore di Beppe Grillo e di Matteo Renzi. Le figure che, più delle altre, intercettano ed esprimono la domanda di cambiamento. La frattura rispetto al passato, ai partiti e al ceto politico tradizionali. La specificità generazionale, però, emerge in modo più marcato nel caso di Grillo (come, in misura più limitata, per Vendola). Mentre l'appeal di Renzi appare trasversale e risulta, anzi, ancor più elevato fra i "genitori" e i "nonni" (presso i quali l'indice di fiducia supera il 70%).

I giovani. Sono l'amplificatore del ri-sentimento politico della società italiana. Per questo, non marcano grandi differenze rispetto agli adulti e agli anziani. Ma a "differenza" di essi non appaiono rassegnati. Né semplicemente frustrati. Il distacco non si traduce in antipolitica. Al contrario, al malessere politico rispondono con un alto grado di partecipazione. Politica. E in tutti gli ambiti, in tutte le direzioni. Mostrano, infatti, livelli massimi di impegno sui problemi del quartiere e della città, del territorio e dell'ambiente. Sono i più presenti nelle manifestazioni pubbliche di protesta. Lo specifico generazionale, però, emerge con grande evidenza nella mobilitazione sulla Rete. Attraverso i Social Network. Dove rivelano livelli di coinvolgimento e "comunicAzione" più che doppi rispetto alla media della popolazione. Nell'insieme, oltre il 40% dei giovani - più o meno giovani, più o meno adulti - dichiara di aver partecipato, attivamente, a iniziative politiche, sociali, solidali, ambientali nell'ultimo anno.

Un dato di circa 15 punti più rispetto alla media della popolazione. In sensibile crescita rispetto al passato recente. Anche per questo, i giovani appaiono la componente politica più affine al M5S. Perché, oltre alla protesta contro i partiti tradizionali, esprimono una forte domanda di partecipazione senza mediazione. Cioè: di democrazia diretta. Emersa, anzi: esplosa, nella fase più recente. Anche senza aprire tensioni e fratture profonde. Nella società e fra le generazioni. Nonostante gli adulti abbiano occupato tutti gli spazi di potere. Riservando loro un futuro precario e senza lavoro. In parte perché sono legati agli adulti, per ragioni di "necessità", oltre che di affetto. Visto che le famiglie li sostengono - e li controllano - nel corso della loro giovinezza, sempre più lunga. In parte, però, la minore intensità dello scontro sociale e generazionale in Italia, espresso dai giovani, rispetto ad altri Paese, ha ragioni diverse. In primo luogo, dal minore legame con il territorio. Realisticamente, infatti, quasi tutti i giovani (8 su 10) sono convinti che, per fare carriera, occorra partire. Andarsene. In un altro Paese. E, forse, anche per questo vedono il futuro in modo più ottimista, molto più ottimista, rispetto ai genitori e ai nonni. Non solo perché il futuro - per quanto incerto - ce l'hanno davanti. Ma anche perché lo pensano e immaginano altrove. Da ciò il rischio, ben maggiore del conflitto e della protesta - sociale, politica e generazionale. Che i giovani inseguano il futuro "altrove". E lasciandoci tutti qui: noi, gli adulti, gli anziani - il Paese. Fermi. A invecchiare. Prigionieri del passato.

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