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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
UN 2016 IMMOBILE PER GLI ITALIANI, MA IL DOMANI NON VA ROTTAMATO. L'ATTESA DEL NUOVO NON C'È PIÙ
[La Repubblica, 31 dicembre 2016]

Il 2015 era stato l'anno di Matteo. Il migliore e, al tempo stesso, il peggiore tra i politici italiani, secondo i cittadini (intervistati da Demos, giusto un anno fa). Nel 2016 non è cambiato nulla. L'Italia resta ancora il "Paese di Matteo". In modo forse più netto e radicalizzato. Com'era prevedibile, dopo mesi di mobilitazione referendaria polarizzata intorno alla sua persona. Nel 2015, infatti, Renzi era stato nominato "migliore" politico dell'anno dal 19% del campione (rappresentativo) e "peggiore" da una componente più elevata: il 25%. Quest'anno il profilo si ripropone, ancora più marcato.

Secondo il 30% Renzi è il "peggiore", secondo il 20%: il "migliore". Ad ogni modo, il muro che divide i cittadini resta lui. Circondato da comprimari. Oppure, antagonisti "personali". Per primo, Matteo Salvini. Unico, vero leader politico a sollevare sentimenti opposti, anche se non in egual misura. Era così anche l'anno scorso. La differenza, quest'anno, è proposta dagli uomini del M5s. Un anno fa, meno evidenti. Perché il M5s appariva un partito senza classe dirigente. Tutto, infatti, ruotava intorno a Grillo. Quest'anno non è più così. In quanto Grillo continua a primeggiare fra i peggiori, ma tra i migliori (per quanto segnalato da una componente limitata, il 6%) il politico del M5s che si impone è Di Maio. Una conferma dell'evoluzione in corso, nel MoVimento, che non affida più a una sola figura la propria identità. Mentre negli altri partiti avviene il contrario. Visto che ormai sono tutti leaderizzati e personalizzati. È significativa, per questo, l'eclissi di Berlusconi, inventore e primo "faro" del "partito personale", che non riesce più ad attirare, ma neppure a spaventare, che pochi cittadini. Pochi elettori. Un residuo 4%.

Limitato appare anche il "consenso" attribuito al Presidente Mattarella, 7%. Ma si tratta, comunque, di un valore coerente con la sua scelta di agire da "garante". Senza interferire. Ma senza rinunciare a intervenire. In caso di urgenza. Come nella recente crisi.

Fatte le debite proporzioni, non molto diverso, agli occhi degli italiani, appare lo scenario internazionale. Tutto centrato intorno agli Usa. Così, Trump è, in larga misura, marcato come il peggiore "politico" dell'anno (18%). Mentre il migliore risulta Obama (23%). A sua volta seguito, ancora, da Trump. Le elezioni americane, dunque, pare abbiano ulteriormente enfatizzato la centralità degli Usa, sul piano della percezione, oltre che della realtà geopolitica. La debolezza europea è ben sottolineata dalla (scarsa) rilevanza della Merkel, unica leader che davvero conti qualcosa. La cancelliera, infatti, è segnalata, in negativo o in positivo, dal 5-6% di cittadini. Cioè, una frazione. A conferma che i leader e la leadership in Europa hanno un peso limitato. Agli occhi degli stessi cittadini. Europei. In questo caso: italiani. E questa non è una novità, ma, comunque, un aspetto da segnalare e ribadire. Alla vigilia del nuovo anno, l'Europa ancora non c'è. Non è una patria, tanto meno un riferimento istituzionale.

Così, se i volti del 2016 sono simili, se non gli stessi, rispetto al 2015, non può stupire se le attese nei confronti dell'anno che verrà sono perfino peggiori. Come immaginare un futuro diverso se i leader e i gruppi dirigenti non cambiano?

La quota degli italiani (del campione rappresentativo di Demos) che guarda con fiducia all'anno che arriva, infatti, è la più bassa degli ultimi anni. Mentre, parallelamente, il peso di coloro che pensano che nulla cambierà, se non, forse, in peggio, supera largamente quello che si è rilevato negli ultimi 4 anni. La distanza fra ottimisti e pessimisti, nei confronti del 2017, è assolutamente "nulla". Entrambe le "visioni", infatti, fra gli italiani (intervistati) sono condivise dal 25%. Una persona su quattro. Mentre un anno fa coloro che immaginavano di affrontare un anno migliore di quello che stava finendo superavano di 26 punti percentuali i "pessimisti". Convinti che le cose, l'anno seguente, sarebbero andate peggio. Gli italiani, allora, affrontavano l'anno nuovo con un sentimento di speranza. Magari poco fondato, ma, comunque, utile a guardare - e ad andare - avanti. La fiducia nel cambiamento. Nel Nuovo. Veniva agitata dal premier, Matteo Renzi, come una bandiera. Un "mantra". Ma oggi l'ottimismo residuo conservato, con determinazione, alla fine del 2015 si è consumato. Insieme alla fiducia nei confronti di Renzi. Il combattente che sfida l'Europa e le resistenze del ceto politico italiano. In fondo, il premier (precedente) aveva lanciato il referendum proprio per trascinare il Paese dietro sé. Con sé. Per diventare il portabandiera del cambiamento. Per fare del cambiamento una bandiera. Vincente. Sappiamo tutti come sia andata. Così, oggi la guida del governo e del Paese è affidata a Paolo Gentiloni. Che, per quanto "governi" una squadra largamente coerente con quella precedente, appare, personalmente, molto diverso. Per stile, immagine, comunicazione. È un politico "im-populista". Che dispone di esperienza e capacità di mediazione. Anche se proviene dalla "squadra" di Renzi, Gentiloni non è un "renziano" di stretta osservanza. Ha una storia più lunga. E diversa. Comunque, a lui conviene marcare le differenze da Renzi per prendere le distanze dal passato recente. E per esigenze di auto-legittimazione.

Così, entriamo nel 2017 senza entusiasmo e senza ottimismo. Dopo aver rottamato il passato, sembra che stiamo rottamando anche il futuro. Una pausa di riposo e di riflessione, forse, ci può aiutare. Comunque, buon anno! Sperare, in fondo, male non fa.


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