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ULTIME MAPPE |
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Contro l’autonomia sei italiani su dieci e anche al Nord adesso dicono no (25 novembre 2024)
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Le mafie sono tra noi. Cresce il pericolo di una assuefazione (17 novembre 2024)
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La generazione globale i giovani realizzano vita e carriera all’estero (11 novembre 2024)
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Tra immigrazione e criminalità tornano a crescere le paure degli italiani (28 ottobre 2024)
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI
La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica. |
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FIDUCIA IN MATTARELLA MA SEI ITALIANI SU DIECI VOGLIONO IL LEADER FORTE [La Repubblica, 7 gennaio 2023]
È tutto uguale e tutto diverso, il paesaggio "pubblico" disegnato dagli italiani negli ultimi vent'anni. Infatti, se ripercorriamo le indagini di LaPolis- Università di Urbino e Demos sul "Rapporto fra gli italiani e lo Stato", giunto alla XXV edizione, gli indici mostrano un elevato grado di continuità. Anche se nel corso del tempo è cambiato molto. Tutto. Più volte. Nella politica e nella leadership del Paese. Siamo passati dalla II Repubblica di Silvio Berlusconi, conclusa nel 2011, ai governi guidati da Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte, Mario Draghi. Fino al governo attuale, presieduto da Giorgia Meloni. Nello stesso tempo, si sono succedute diverse maggioranze, con la partecipazione di partiti diversi. Con diverse coalizioni. Non per caso, l'attuale Presidente è alla guida dell'unico partito che non aveva mai partecipato a una maggioranza governativa. Fino ad oggi. Eppure, se osserviamo il percorso della fiducia nei confronti delle principali istituzioni del Paese, colpisce come il vero elemento di novità sia la continuità. La coerenza. Gli indici di consenso verso lo Stato e i principali Enti locali non sono cambiati molto, rispetto a vent'anni prima. Le principali variazioni riguardano le realtà territoriali, Comuni e Regioni. Mentre lo Stato appare sempre "ultimo", nella considerazione dei cittadini. Con una risalita significativa, per quel che riguarda le Regioni e lo Stato, negli ultimi 2 anni. Non per caso. Perché riflette il cambiamento del clima d'opinione dopo l'irruzione del Covid. Che ha "annebbiato" l'orizzonte di sfiducia, che aveva favorito l'affermazione del M5S e della Lega di Salvini, nel decennio precedente. Negli ultimi anni, invece, la "paura virale" ha generato una domanda di sicurezza, che ha rafforzato il rapporto con le istituzioni e le figure di governo. I "Capi". Del governo regionale e dello Stato. Che, in questo tempo di personalizzazione politica, hanno assunto un volto e un nome, conosciuti e ri-conosciuti. Infatti, nonostante lo Stato abbia perduto consenso, Sergio Mattarella risulta il Presidente più popolare, dai tempi di Carlo Azeglio Ciampi. Oggi il Presidente appare, quindi, più accreditato della Repubblica che presiede. D'altra parte, una larga maggioranza dei cittadini, oltre 6 su 10, afferma che il Paese dovrebbe essere guidato da un "leader forte". Meglio un tecnico. Comunque, un "non-politico". E oltre due terzi dei cittadini si dicono favorevoli all'elezione diretta del Presidente. A conferma diquella domanda di "presidenzialismo" espressa, ormai da anni, in Italia. E praticata, da governi "personalizzati", guidati da leader non eletti, che hanno deliberato, spesso, "per decreto". Mettendo, quindi, in secondo piano il Parlamento.
Il "presidenzialismo", d'altra parte, era e resta nei programmi del centrodestra che ha vinto le elezioni. Come ha confermato Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di fine anno. La ministra competente, Maria Elisabetta Casellati, peraltro, di recente ha ribadito che il progetto verrà affrontato nelle prossime settimane attraverso un confronto parlamentare, in effetti già avviato.
Questi orientamenti riflettono, dunque, una tendenza diffusa nella società. Dove la partecipazione "politica" si è ridotta, compensata e integrata dalla partecipazione "online". Mentre si è assistito a una ripresa della partecipazione "sociale", vincolata e scoraggiata, in precedenza, dalla paura - e dai provvedimenti - nei confronti del Covid.
D'altra parte, i canali tradizionali della politica, sul territorio, si sono ormai ridimensionati. I partiti, per primi. Oltre alle organizzazioni di rappresentanza professionale.
Negli ultimi 20 anni, dunque, l'atteggiamento degli italiani verso le istituzioni è cambiato, come di-mostrano le indagini di LaPolis-Università di Urbino e Demos. Ma ha mantenuto le sue basi tradizionali (e costituzionali). La democrazia, in particolare, secondo una larghissima maggioranza di italiani (71%) rimane la migliore forma di governo possibile. Si tratta, però, di una democrazia personalizzata. Presidenzializzata. Diretta. Meglio ancora "immediata". Perché, nel nostro tempo, i "nuovi media" permettono e prevedono un'interazione "immediata e senza mediazioni" con i leader e le istituzioni.
Per questo non sorprende che l'orgoglio nazionale si confermi ampio. Condiviso da oltre 8 italiani su 10. Ma meno intenso del passato. Perché la quota di coloro che si dicono "molto" orgogliosi si è ridotta sensibilmente. Dal 65% al 44%. Mentre è cresciuta la componente di chi afferma di essere "abbastanza" orgoglioso.
D'altronde, la ricerca di un capo, la relazione "immediata", il calo della partecipazione sul territorio rendono più difficile sentirsi parte di una "comunità". Di un ambiente e di un progetto "comuni". E la domanda di unità è alimentata dalla paura più che da un "comune" sentimento. Così i cittadini si sentono "italiani", ma "con riserva".
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