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Le mappe di Ilvo Diamanti
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
ARMI ALL’UCRAINA I PIÙ CONTRARI SONO TRA GLI ELETTORI DI LEGA, FDI E M5S
[La Repubblica, 16 settembre 2024]

Sono passati oltre 2 anni dall’intervento della Russia in Ucraina, nel febbraio 2022. E gli atteggiamenti dei cittadini sono cambiati, nel tempo. In particolare, quando si fa riferimento agli aiuti militari. Necessari, all’Ucraina, in quanto la guerra prosegue. E, nonostante tutto, non è chiaro fino a quando. Perché l’esito del conflitto non è scontato. Mentre il negoziato continua a emergere, come ipotesi, ma senza venire avviato effettivamente. Almeno fino ad oggi. Così il consenso verso gli aiuti militari all’Ucraina continua a scendere in modo continuo, nell’ultimo anno. E, negli ultimi mesi, si assiste a una vera caduta, quasi un crollo. I dati rilevati nei sondaggi di Demos, al proposito, sono chiari. E disegnano una parabola significativa. Infatti, oggi la quota di persone che si dichiara favorevole al sostegno militare all’Ucraina è il 29%. Un anno fa, nel settembre 2023, raggiungeva il 47%. Quasi 20 punti di più. E oltre 30, in confronto ai primi mesi dopo l’invasione. Tuttavia, il vero “salto” (in negativo) si osserva negli ultimi mesi. Cioè, nel 2024. Quando il gradodi favore verso gli aiuti all’Ucraina scende di oltre 10 punti. Peraltro, è interessante osservare come, oggi, la maggiore componente sia costituita dagli “oppositori” agli aiuti militari, che coprono oltre il 40%. Una tendenza analoga, nell’opinione pubblica si osserva quando si va oltre la specificità geopolitica. Dunque, oltre il caso ucraino. E si considera l’opinione dei cittadini riguardo all’aumento delle spese militari. In generale. Anche in questo caso, infatti, il distacco dagli italiani appare esplicito. E l’appoggio, rilevato dal sondaggio di Demos, scivola dal 33%, nel settembre 2022, al 19% nei giorni scorsi.
Le spiegazioni possibili di questa tendenza sono diverse. Mi limito a indicare le due principali. A mio avviso.

La prima si riferisce alla globalizzazione e all’incremento dei conflitti, delle tensioni e delle guerre, oltre i confini europei. E coinvolgono Israele, la Siria, la Palestina. E, inoltre, il Myanmar e il Messico. L’indice dei conflitti, calcolato periodicamente da ACLED, stima una crescita del 12% negli ultimi 2 anni e del 40% negli ultimi 4. Si tratta, dunque, di una crescita rilevante e preoccupante. Che spiega, almeno in parte, come lo sguardo dei cittadini, in Italia, non si concentri più su un solo fronte specifico. Per quanto prossimo ai nostriconfini. L’Ucraina, infatti, oggi non costituisce il solo né il principale “campo di battaglia”, nel mondo. Anche se è vicino a noi. più di altri. Di conseguenza, l’attenzione dei cittadini si ri-volge altrove.

E qui subentra un altro importante motivo, che alimenta e spiega l’inquietudine che attraversa il nostro tempo. Perché i media guardano ovunque. Nel mondo. Tanto più in caso di conflitti. Che generano paura. In quanto la “paura fa spettacolo”. Audience. E lo “spettacolo della paura”, di conseguenza, è sempre in onda. E influisce sul sentimento dei cittadini. Anche sul piano politico.

Come emerge dall’orientamento verso gli aiuti militari all’Ucraina rilevat o dal sondaggio di Demos. Che raggiunge il massimo livello di sostegno tra gli elettori “potenziali”, quanti, cioè, dichiarano la loro preferenza verso i partiti di Centro Sinistra - + Europa, Azione, Italia Viva e PD. Mentre il favore scende a Destra. Nella base della Lega e dei FdI. Ma soprattutto del M5s.

Tuttavia, come abbiamo detto anche in altre occasioni, la paura, quando si ripropone in diversi contesti, riprodotta da diversi media, alla fine rischia di apparire “normale”. Non suscita più sorpresa. E ciò spiega il declino progressivo e, nell’ultimo anno, rapido, della richiesta di inviare aiuti all’Ucraina. E di aumentare le spese militari.

Non si tratta di un cambiamento di “visione” geopolitica. Ma semmai di “confusione”. Perché la scena internazionale ha perduto i suoi punti di riferimento. I “muri” storici che hanno segnato il nostro sentimento nel dopoguerra sono caduti. E oggi, intorno a noi, vicino e lontano da noi, i luoghi e i motivi di preoccupazione e di paura sono diversi da ieri. E cambieranno di nuovo. Presto. Di continuo.

Perché in tempi di globalizzazione, come ha scritto Antony Giddens, tutto ciò che avviene nel mondo, dovunque, in ogni momento, ha effetto nello stesso momento. Su di noi. Dovunque noi siamo. Dunque, favorisce l’idea che tutto cambia e, dunque, nulla cambia. Senza grandi differenze. E questo è un problema serio. Perché rischia di renderci in-differenti.

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