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ULTIME MAPPE |
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Armi all’Ucraina I più contrari sono tra gli elettori di Lega, FdI e M5S (16 settembre 2024)
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Il limite del doppio mandato piace più ai dem che ai grillini (13 settembre 2024)
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Il paradosso degli elettori democrazia senza i partiti (27 agosto 2024)
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La guerra fa più paura dell’immigrazione Cresce la voglia di confini (12 agosto 2024)
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI
La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica. |
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IL PAESE GIALLOBLÙ [La Repubblica, 6 marzo 2018]
Le elezioni politiche del 4 marzo ci restituiscono un Paese diverso. Profondamente cambiato. Più di quanto non lasciassero immaginare i sondaggi condotti negli ultimi mesi. Certo, alcune tendenze erano note, da tempo. In particolare, la spinta verso destra e l'attrazione crescente del Movimento 5 Stelle. Come, d'altra parte, il declino dei consensi verso il Pd di Renzi.
Tuttavia, questi orientamenti, seppure già "rilevati", si sono realizzati in misura assai più " rilevante" del previsto. Il M5S: ben oltre il muro del 30%. Il Pd, per contro, al di sotto della soglia critica del 20%. E il centro- destra, oltre il 35%. Ma soprattutto, mutato sul piano dei rapporti interni. Perché la Lega, contrariamente alle previsioni, ha scavalcato Forza Italia. Così, anche per il contributo portato dai FdI, di Giorgia Meloni, oggi si delinea un'alleanza di destra-centro, guidata da Salvini.
Un aspetto che rivela un altro cambiamento, sicuramente inatteso, in queste proporzioni. Il declino di Berlusconi. Non dico definitivo. (Mai dare per finito il Cavaliere...) Perché Salvini ha fatto della Lega la "terza forza" del Paese. (E la prima del centro-destra. O di destra-centro.) Mentre alle elezioni del 2013, più che "forza", evocava "debolezza". Visto che aveva superato di poco il 4%. Matteo Renzi, invece, è stato sconfitto due volte. In quanto leader del Pd, ma soprattutto del PdR. Il Partito di Renzi. Perché Renzi ha personalizzato il suo partito fino a identificarlo con la sua persona. Il " suo" Pd ha perduto le radici senza rinnovare il rapporto con la società. Con i ceti popolari. Con i giovani. Questo si è rivelato il suo principale problema. La " scissione" con il suo retroterra, con il contesto sociale. E non certo la "scissione" di Mdp. Che ha occupato lo spazio - limitato - che tradizionalmente residua a sinistra della sinistra (riformista). Il M5S, infine, ha superato ogni previsione. E ogni limite. Di spazio: politico e territoriale. Perché, rispetto alle elezioni del 2013, ha intercettato consensi da ogni direzione. Secondo i flussi calcolati da Swg: soprattutto dal Pd (quasi 10%), quindi dal Pdl (oltre 4 punti), ma anche da Sel e dalle formazioni di centro. Una conferma della trasversalità del suo elettorato nello "spazio politico". Un terzo di coloro che si dicono vicini al M5S, infatti, rifiuta ogni collocazione ( Atlante Politico di Demos). Mentre gli altri si distribuiscono dovunque, da destra a sinistra. Ma soprattutto al centro. D'altra parte, trasversali appaiono anche le motivazioni che spingono a votarlo. L'insoddisfazione verso il sistema politico e i partiti (gli altri...). Ma anche il disagio economico e sociale. L'insicurezza. Sentimenti diffusi, che il M5S è riuscito e riesce, oggi più che mai, a intercettare. Il M5S, partito-non partito, oggi più di ieri, riflette e amplifica il "disagio democratico" degli italiani. Il malessere della democrazia rappresentativa. Che traduce attraverso la democrazia diretta. Anzi: immediata. Oltre e contro ogni " mediazione" e ogni " mediatore". E, a questo fine, fa ricorso alla rete. Al digitale. Anche se questo programma e questa rivendicazione si realizzano dentro i luoghi - e secondo i riti - della democrazia rappresentativa. Le elezioni. Il Parlamento.
Tuttavia, il segno più marcato del mutamento provocato e prodotto da queste elezioni si osserva soprattutto sul piano territoriale. Perché il territorio sottende e riassume diversi fattori di lunga durata. La storia, la cultura, l'economia, la società. Per questo in Italia, nel corso del dopoguerra, la geografia elettorale si è dimostrata, a lungo, stabile. Caratterizzata da " regioni" politiche riconoscibili. E riconosciute. Definite attraverso colori precisi, che ne richiamavano la "bandiera", dunque, l'identità. Politica, appunto. Le province del Nord e soprattutto il Nord Est: tinte di bianco. Colore ed etichetta della Democrazia cristiana. In seguito: Verde. Perché lungo la stessa traccia si afferma la Lega. Padana e nordista. Affiancata, soprattutto nelle aree metropolitane del Nord-Ovest, dal vessillo "azzurro" di Forza Italia. Il partito- impresa dell'imprenditore mediale Silvio Berlusconi.
Le zone dell'Italia centrale: rosse. Come le bandiere dei partiti di sinistra. Il Pci, prima, quindi i Ds. Infine, il Pd.
E poi il Mezzogiorno. Senza un colore preciso. Comunque: cromaticamente variabile. Perché condizionato dall'intervento e dall'influenza dello Stato centrale. Dunque, dai partiti di governo. Ma, negli ultimi vent'anni, perlopiù, "azzurro".
Ebbene, questa raffigurazione " cromatica" dell'Italia, dopo il voto di domenica, è cambiata. Profondamente. Radicalmente.
L'Italia bianca, rossa, verde e azzurra, della Prima e della Seconda Repubblica, oggi è divenuta gialloblù. Blu: il colore del forza-leghismo, che si distende nel Nord e discende fino all'Italia centrale. Trainato, soprattutto dalla Lega. Il giallo: colora la presenza del M5S nell'Italia centrale e, quindi, nel Mezzogiorno, fino alle Isole. E il rosso? Ormai "de-limita" un perimetro " limitato" ad alcune zone del Centro. Cittadelle assediate, più che roccaforti proiettate alla conquista politica del Paese.
Per questo ritengo che queste elezioni costituiscano un passaggio d'epoca. Perché non hanno cambiato solamente gli equilibri e i rapporti di forza tra i partiti. Ma la geografia politica dell'Italia. Le sue Regioni. I suoi colori.
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