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La strada stretta del campo largo Piace agli elettori Pd ma non agli alleati (23 settembre 2024)
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Armi all’Ucraina I più contrari sono tra gli elettori di Lega, FdI e M5S (16 settembre 2024)
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Il limite del doppio mandato piace più ai dem che ai grillini (13 settembre 2024)
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Il paradosso degli elettori democrazia senza i partiti (27 agosto 2024)
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI
La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica. |
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PD, SOLO UNO SU DIECI VICINO AI 5S [La Repubblica, 6 maggio 2019]
Fra meno di un mese il governo Conte e la maggioranza gialloverde festeggeranno il primo anno di vita. In attesa delle imminenti elezioni europee, però, ogni giorno va in scena uno scontro fra i due soci (si fa per dire...) di maggioranza. Lo stesso Salvini ha criticato apertamente il premier Giuseppe Conte. E, sulle polemiche intorno al sottosegretario Siri, ha intimato al M5s: «Tappatevi la bocca».
Così, le voci sulla crisi di governo si moltiplicano e si parla, con insistenza, di un accordo fra M5s e Pd. Tuttavia, oggi come un anno fa, solo 1 elettore su 10, nel Pd, si sente vicino al M5s (dati Atlante politico Demos). Peraltro, il doppio degli elettori del M5s che si sentono vicini al Pd. Così è meglio non illudersi. L'instabilità politica è destinata a riprodursi. Perché M5s e Lega sono maggioranza e opposizione al tempo stesso. Senza alternative. Tuttavia, l'instabilità fa parte della nostra storia. L'incontro fra partiti alternativi, talora, in teoria, in-compatibili. In Italia è sempre avvenuto. Il "bipartitismo imperfetto", per riprendere la nota definizione di Giorgio Galli (del 1967) ha attraversato tutta la Prima Repubblica. La Dc, sempre al governo, e il Pci sempre all'opposizione. Fino alla caduta del muro, i cui effetti sono stati amplificati da Tangentopoli.
Tuttavia, anche prima di giungere al "compromesso storico" (che costò la vita ad Aldo Moro...), la "pregiudiziale anti-comunista", dettata dalla logica internazionale dei blocchi, veniva aggirata. Attraverso la pratica consolidata del "consociativismo". Nella Seconda Repubblica, Berlusconi sfruttò a proprio favore "l'antiberlusconismo" degli avversari rilanciando "l'anticomunismo". Eppure, questa frattura non impedì un nuovo "compromesso", magari non proprio "storico". Infatti, dopo il 2011, il governo "tecnico", guidato da Mario Monti, venne sostenuto da forze politiche "alternative". Ma non troppo. Pd e Pdl. Come avvenne in seguito, nel governo presieduto da Enrico Letta (2013). Durato meno di un anno. La maggioranza comprendeva, in origine, Pd, Pdl e centristi. Allora, al posto della definizione di "compromesso" si preferì quella, meno "compromettente", di "larghe intese". In nome della "governabilità". Le stesse "intese" che hanno permesso a Matteo Renzi di governare per oltre due anni. Dopo aver sfiduciato, egli stesso, Letta. A cui aveva raccomandato di stare "sereno"...
D'altra parte, l'Italia non è il solo Paese dove avvengono "compromessi" politici. Si pensi alla Germania. Governata da una "Grande Coalizione" che tiene insieme i principali partiti. Fra loro alternativi: Cdu-Csu insieme all'Spd. La differenza che fa dell'Italia un "laboratorio della democrazia", come l'ha definita Marc Lazar, è che, altrove, il compromesso avviene fra partiti che riconoscono le regole della "democrazia rappresentativa". L'anomalia italiana riguarda l'intesa fra due soggetti che hanno fatto dell'alternativa ai politici e alla politica la propria bandiera. Il proprio linguaggio. Nel caso del M5s, anche rispetto alla democrazia rappresentativa. E, per questo, sono quasi "costretti", a fare opposizione a tempo pieno. A usare il linguaggio dell'antipolitica. Contro ogni mediazione e ogni mediatore. Dunque, anche contro sé stessi. Visto che, malgrado si dichiarino "anti-partiti", sono "partiti". Perché agiscono in assemblee "rappresentative". Partecipano alle competizioni e ai riti della democrazia "rappresentativa". Anzitutto, alle elezioni. Anzi, non smettono mai il linguaggio delle campagne elettorali. Non escono mai dal clima della "comunicazione ultrà". A tempo pieno.
Personalmente, ammetto qualche difficoltà non dico a pre-vedere, ma a vedere, quel che avviene. La lettura dei maestri, come Bobbio e Sartori, ri-proposta di recente, da Gianfranco Pasquino, in un testo importante ("Bobbio e Sartori. Capire e cambiare la politica", Università Bocconi Ed.) mi aiuta solo in parte. Perché io non ne possiedo le competenze. E perché il contesto attuale è inedito, rispetto ai paesaggi descritti e interpretati dai "maestri". L'unico riferimento a cui mi posso richiamare, per questo, è un intellettuale che per tanti anni ha osservato e narrato le vicende politiche italiane anche su queste pagine, Edmondo Berselli. Quando, nel 2005, descriveva l'Italia come una "Repubblica indistinta". Dove vige e agisce una "Democrazia Indistinta". Visto che la maggioranza è espressa da due partiti "di governo e di opposizione". Al tempo stesso. Impegnati a "distinguersi", di continuo, anche e soprattutto fra loro. Tuttavia, la vicinanza reciproca fra gli elettori di Lega e M5s (secondo i dati dell'Atlante Politico di Demos) è cresciuta sensibilmente, nell'ultimo anno - di governo comune.
Mentre a "sinistra", ammesso che questa categoria sia ancora efficace, agisce il Pd. Un "partito ipotetico", lo aveva definito Berselli. D'altronde, di "certo" c'è solo il suo isolamento. Visto che i suoi elettori non accettano, se non in minima parte, l'idea, oggi ipotizzata, di un'intesa con il M5s. Infatti, gli elettori del Pd mostrano interesse solo verso le forze più a sinistra. Attualmente in de-composizione.
Insomma, le definizioni di Berselli, coniate al tempo della Seconda Repubblica, fondata da Berlusconi, mi sembrano ancora attuali. Viviamo ancora in una Repubblica in-distinta. Un segno che, nonostante tutto, non cambiamo mai...
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