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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI
La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica. |
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I GIOVANI NEL PAESE ALTROVE [La Repubblica, 6 gennaio 2020]
L'attenzione verso i giovani è un elemento costante, nel dibattito pubblico. Leader politici e istituzionali vi fanno spesso riferimento. Raramente, però, l'argomento ha ottenuto il rilievo dedicato dal Capo dello Stato nel discorso di fine anno, pochi giorni fa. Il presidente Mattarella ha, infatti, esortato ad avere "fiducia in noi stessi. Per dar corpo alla speranza di un futuro migliore". E, a questo fine, ha espresso l'auspicio a investire nei giovani.
Perché "le nuove generazioni avvertono meglio degli adulti l'importanza di una visione globale". Difficile fornire una chiave di lettura altrettanto efficace per gettare lo sguardo non (solo) sull'anno che inizia. Ma sul futuro. Del Nostro Paese. Perché i "nostri" giovani, sono il "nostro" futuro. Per questo è ragionevole e giusto preoccuparsi. Del nostro futuro. E, prima ancora, per la scarsa preoccupazione che si osserva al proposito. Cioè, rispetto al "nostro" futuro.
Le misure della questione sono note. L'Istat e altri istituti demoscopici le hanno proposte e riproposte, nel corso degli anni. Il demografo Alessandro Rosina, fra gli altri, lo ha ripetuto in diverse occasioni. Su questo stesso giornale. L'Italia: è un Paese sempre più "vecchio". L'aspettativa di vita è salita oltre gli 83 anni. In Europa, siamo secondi solo alla Spagna. Coerentemente, l'indice di dipendenza, misurato dal rapporto fra le persone con oltre 65 anni e i giovani con meno di 15, è salito a 169. Gli ultra 65enni, in Italia, costituiscono, infatti, il 22,3% della popolazione, contro una media europea del 19,4%. In altri termini: siamo i più vecchi d'Europa. L'Italia è, anzi, divenuta il Paese con il più basso livello di fecondità in Europa. In media, 1,3 figli per ogni donna. Compensato solo in parte dalle immigrate, che si fermano a 1,9. Anch'esse, dunque, sotto la soglia dell'equilibrio demografico (2,1).
Così, per il quarto anno consecutivo, la popolazione risulta in calo. Rispetto al 2015: oltre 400mila residenti in meno. Come fosse scomparso un capoluogo di Regione. Bologna o Firenze...Per questo, mentre il dibattito politico si concentra sull'immigrazione, ci dovremmo preoccupare dell'emigrazione. Se la popolazione italiana cala, infatti, è anche perché, negli ultimi anni, è cresciuta l'e-migrazione. Tra i cittadini italiani le partenze superano i rientri. Nel 2018 risultano 47mila rimpatri e 120mila espatri. Perlopiù, giovani (3 su 4 intorno a 25 anni) e qualificati. Appunto. Il 53% in possesso di diploma o di laurea. Gli emigrati con titolo di studio medio-alto, negli ultimi anni, sono aumentati del 45%.
D'altronde, non facciamo molto per trattenere i giovani. Per rispondere alla loro domanda di formazione e di occupazione - qualificata. Nel nostro Paese si investe circa l'8% per cento della spesa pubblica per l'istruzione (Openpolis su dati Eurostat). Anche in questo caso, siamo in fondo alla graduatoria europea. Ben al disotto della media Ue (10,2%). Il mancato stanziamento di fondi adeguati all'Istruzione, non per caso, è all'origine delle dimissioni del ministro Fioramonti.
Tuttavia, in Italia, i giovani non stanno a guardare. Al contrario: si mobilitano. Nell'ultimo periodo, abbiamo visto le Sardine trasformare le piazze e le strade in fiumi. Prima ancora, abbiamo visto i giovani manifestare a favore del rispetto e della tutela dell'ambiente. Seguendo il messaggio di Greta Thunberg. I sondaggi condotti da Demos, negli ultimi mesi, confermano largamente queste tendenze. Infatti, l'8% degli italiani afferma di aver partecipato alle manifestazioni promosse da Greta Thunberg. E 2 su 3 dichiarano di condividerne gli obiettivi. Tanti. Ma fra i più giovani il consenso sfiora la "totalità". Oltre l'85%, tra 15 e 25 anni (con un tasso di partecipazione del 30%). Mentre fra 25 e i 35 anni la partecipazione diretta scende al 10%, ma il sostegno complessivo cresce. Le stesse tendenze si osservano riguardo alle manifestazioni delle Sardine, con "misure più misurate". Ma senza grandi differenze, tra 15 e 35 anni. In ogni caso: oltre il doppio rispetto ai dati rilevati nella popolazione.
Tuttavia, sarebbe improprio dare un colore politico preciso a questi orientamenti. I giovanissimi (15 e 25 anni) e i giovani-adulti (25-35 anni) non appaiono particolarmente schierati. Il 2020 non è il '68... Oltre il 40% di essi, infatti, fra Destra, Sinistra e Centro, preferisce chiamarsi "fuori".
Piuttosto, i giovani appaiono più disponibili nei confronti dei "cosiddetti" stranieri. Con i quali condividono - hanno condiviso - l'esperienza scolastica, ma anche il tempo libero. L'amicizia. Inoltre, esprimono maggiore fiducia verso l'Europa (45%, oltre 10 punti in più rispetto alla media) e verso il mondo (il 60% ritiene che l'Italia dovrebbe aprirsi maggiormente). I più giovani, in particolare, guardano con maggiore ottimismo (meglio, con minore pessimismo) al futuro. Proprio. Anche se mostrano un diffuso scetticismo riguardo alle prospettive del nostro Paese. L'Italia. In altri termini: i giovani guardano con fiducia al proprio futuro. Anche perché hanno un futuro davanti. Mentre la maggioranza degli italiani, sempre più vecchi, ha il futuro dietro alle spalle. Anche così si spiega la proiezione dei giovani verso il mondo. La loro crescente voglia di partire. Verso altrove. Senza tornare.
Così, il richiamo di Mattarella a investire nei giovani è significativo. Perché i giovani sono il nostro futuro. La nostra speranza. Ma se i giovani diventano una categoria in declino, declina anche il Paese. Se i giovani se ne vanno "altrove", e non ritornano, l'Italia diventa un "Paese altrove". Senza futuro. Senza speranza.
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