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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
ITALIANI SPAVENTATI DAL CLIMA IMPAZZITO MA ORA TRA LE PAURE Cۏ ANCHE LA GUERRA
[La Repubblica, 24 novembre 2023]


Le "paure" fanno parte della nostra vita. Sono diverse dalla "paura", che è un sentimento in-definito. Un senso di oscurità che ci avvolge, senza permetterci di individuarne le origini. Le paure, invece, sono generate da cause e motivi specifici. Definiti. Almeno, ai nostri occhi. Perché hanno limiti, confini, riferimenti precisi. Le paure, per questo motivo, hanno un significato. E possono essere perfino "utili". Perché permettono di orientare e indirizzare i nostri interessi, le nostre scelte. Le nostre azioni. Per tutelare la nostra vita, il nostro mondo. E i nostri cari. È, però, necessario, per questo, dare loro un senso. Un volto. Un nome.

Per non rischiare che sfuggano alla nostra comprensione. E confluiscano nella paura in-definita. È un problema sempre più concreto. In particolare, da quando siamo entrati nel tempo della "globalizzazione". Una parola che sentiamo e utilizziamo sempre più spesso.
Anche se è difficile "definirla".

Chiarirne i confini, appunto. Perché richiama la pluralità di problemi che dobbiamo affrontare, senza conoscerne e ri-conoscerne, spesso, le origini.

La provenienza. Il sociologo Antony Giddens, per spiegare la globalizzazione, ha evocato "l'intensificazione di relazioni che collegano tra loro località distanti, facendo sì che gli eventi locali vengano modellati dagli eventi che si verificano a migliaia di chilometri di distanza e viceversa". Di conseguenza, tutto ciò che avviene dovunque, in qualsiasi momento, può avere impatto su di noi, nello stesso momento. Determinando crisi economiche, politiche, che condizionano la nostra vita. La nostra condizione economica e sociale. In alcuni casi, la nostra salute. Come il Covid. Un virus "partito" dalla Cina che, da noi, ha contagiato oltre 25 milionidi persone, facendo quasi 200mila vittime.

Gli effetti della globalizzazione sono "moltiplicati" dalle innovazioni tecnologiche, che hanno cambiato la comunicazione. Accentuando le possibilità, per ciascuno di noi, di assistere in tempo reale a ogni evento. Anche il più drammatico. Tanto più se drammatico. Perché lo "spettacolo" della paura fa audience.

Così, di anno in anno, la scena è relativamente cambiata, come (di)mostrano le indagini di Demos- Fondazione Unipolis, anche limitando lo sguardo e la nostra attenzione agli ultimi anni. Quando le nostre "paure", infatti, sono state alimentate, soprattutto, dalle guerre e dal terrorismo. Mentre è calata, sensibilmente, la preoccupazione generata dall'insorgere di nuove epidemie. Appare, inoltre, significativa l'importanza assunta, nel sentimento degli italiani, dal "riscaldamento climatico". Cioè, dalla mancanza di attenzione nei confronti dell'ambiente. Conseguenza, fra l'altro, di alcune de-generazioni evidenti, che, negli ultimi anni - mesi -hanno coinvolto e sconvolto gli aspetti climatici. Producendo disastri come in Emilia-Romagna, Lombardia, Sardegna e Toscana.
In generale, è salita la sensibilità verso la "globalizzazione" come concetto. Cioè, verso l'influenza di ciò che avviene nel mondo sulla nostra vita e sull'economia. In altri termini, lo stesso termine "globalizzazione" ha assunto un significato importante e crescente, negli ultimi anni.

È, quindi, entrato nel nostro linguaggio quotidiano. E gli italiani lo ac-colgono con sensibilità diversa, in base ai "diversi" aspetti biografici, sociali e politici. La preoccupazione, in generale, cresce insieme all'età. E tocca gli indici più elevati fra gli anziani. Solo il riscaldamento globale fa osservare livelli rilevanti (anche) fra i giovani e gli adulti. Fino a 40anni. Questo sentimento è condiviso dalle persone con un livello di istruzione più alto. Ma tutte le paure scuotono soprattutto gli anziani. Che si sentono (e, di fatto, sono) più vulnerabili.

Una "frattura" significativa, sottolineata dal sondaggio di Demos- Fondazione Unipolis, attraversa lo spazio politico. E marca l'atteggiamento specifico di chi si colloca nel centrosinistra. Preoccupato, anzitutto e soprattutto, dai cambiamenti climatici e ambientali. Mentre la minaccia del terrorismo preoccupa di più gli elettori di centrodestra. La base del M5S presenta, invece, orientamenti meno marcati. Se non per un minor grado di preoccupazione verso il rischio epidemico.

In generale, si osserva, dunque, una sorta di "patologia ansiogena", che attraversa la società. Con diverse varianti e variazioni nel tempo. Un anno dopo l'altro. Una paura dopo l'altra. Senza che una prevalga e sovrasti tutto e tutti. In modo stabile. Anche perché, nel (con)tempo si è sviluppato un "senso di adattamento". E noi ci siamo abituati. Con il rischio, per evocare le parole di Hannah Arendt, che "il male venga banalizzato". E divenga nor-male.

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