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RAPPORTO GLI ITALIANI E LO STATO - XI RAPPORTO GLI ITALIANI E LO STATO - 2008

Rapporto annuale sugli atteggiamenti degli italiani nei confronti delle istituzioni e della politica, realizzato su incarico del Gruppo L'Espresso.
COMMENTO GENERALE
[di Ilvo Diamanti]

E' l'anno dell'eterno ritorno. Ritorna Berlusconi alla guida del governo, per la terza volta, dal 1994. Dopo ogni caduta, puntualmente, si rialza. A dispetto di ogni previsione. (Dovesse davvero uscire di scena, un giorno, non ci crederebbe nessuno). Insieme a lui si assiste al ritorno dello Stato, ancor più sorprendente e clamoroso. Un'ipotesi implausibile fino a qualche anno - ma che diciamo? qualche mese - fa.
E' l'indicazione più evidente e più importante dell'XI Rapporto su "gli italiani e lo Stato", condotto da Demos per "la Repubblica". Un ritorno tanto più sorprendente perché, un anno fa, la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche e di governo aveva toccato i livelli minimi dal 2000. Non a caso avevamo titolato il rapporto 2007: "Gli italiani prigionieri della sfiducia". Mentre, al tempo stesso, incombeva, pesante, un clima di insicurezza, e quasi di paura sociale, accompagnato da un atteggiamento antipolitico diffuso. Oggi, questo clima, questo atteggiamento sembrano cambiati. Non rovesciati. Ma di certo meno opprimenti.
a) È risalita, anzitutto, la fiducia nello Stato e nei suoi organismi più rappresentativi. Il Parlamento, ma soprattutto e anzitutto il Presidente della Repubblica, che ha raggiunto i livelli di consenso dell'era "ciampiana": oltre il 70%. Si tratta di un orientamento politico trasversale. La fiducia in Napolitano, infatti, è alta anche a destra, dove un anno fa l'atteggiamento nei suoi confronti era piuttosto freddo. Merito della sua capacità di imporsi come figura di garanzia istituzionale, in tempi tanto difficili. La sua ascesa, però, riflette anche questa nuova (e antica) domanda di Stato. E' cresciuto notevolmente anche il consenso nell'Unione Europea. Di oltre 10 punti percentuali. Oggi è sostenuta dal 58% degli italiani. Il livello più elevato da cinque anni a questa parte. E' come se la critica antistatalista ed euroscettica degli ultimi anni si fosse smorzata. Frenata dalle paure globali e dall'incertezza locale.
b) Assistiamo, parallelamente, alla rivalutazione del "pubblico". E' infatti cresciuta la soddisfazione per i servizi. Le scuole "pubbliche" (a differenza di quelle private), la sanità "pubblica", i trasporti urbani. Perfino il giudizio sulle ferrovie migliora, seppur di poco. Gli stessi "dipendenti pubblici" (per quanto notoriamente "fannulloni") godono della fiducia di quasi un terzo degli italiani. Più delle associazioni imprenditoriali e del sindacato. Nell'ultimo anno, invece, la residua quota di persone che recrimina contro la presenza dello Stato nei servizi pubblici è diminuita ancora. Oggi è ridotta a un quinto della popolazione, per quel che riguarda i servizi sociosanitari. A poco più di una persona su dieci, quanto al sistema scolastico e formativo.
c) Ma è in rapporto all'economia che la domanda di Stato appare inarrestabile. Decenni di critiche liberal-liberiste contro l'ingerenza dello Stato padrone che, oltre alle infrastrutture e ai servizi di interesse pubblico, occupava anche il mercato e il campo della produzione. Lo Stato pasticciere, che faceva panettoni e cioccolatini. Oggi quello scetticismo si è dissolto. Secondo l'85% degli italiani "lo Stato deve intervenire sull'economia e sul mercato ogni volta che c'è bisogno".
d) Il vento dell'antipolitica soffia ancora, ma meno violento. Beppe Grillo, che ne è la figura più rappresentativa, suscita atteggiamenti più contrastanti di un anno fa. Di certo, i giudizi positivi nei suoi riguardi, per quanto prevalgano ancora su quelli negativi, sono calati sensibilmente (10 punti percentuali in meno).
e) Il ritorno dello Stato e del pubblico, lo stallo dell'antipolitica, però, non sembrano annunciare una nuova affermazione delle dottrine keynesiane, dello Stato interventista e regolatore; né una nuova stagione di consenso ai partiti e alla classe politica. La fiducia nei partiti resta debolissima. Quasi due italiani su tre pensano che siano tutti uguali, quattro su dieci che oggi conti solo il leader. E, per quanto in crescita, la fiducia nello Stato viene espressa solo da una minoranza: un terzo. Ciò significa che due persone su tre lo percepiscono con distacco.
f) Se la domanda di Stato e di pubblico è cresciuta non è, quindi, per convinzione o per l'affermarsi di nuove idee e di nuove visioni, ma per necessità. Sulla spinta dell'emergenza. E' uno "Stato di emergenza", quello che sembra ispirare gli orientamenti degli italiani. La cui agenda delle priorità e delle preoccupazioni è cambiata profondamente, negli ultimi mesi. Dominata non più dal tema della "sicurezza" personale, dell'allarme per la criminalità, della paura degli altri, in particolare degli immigrati. Ma dalle prospettive economiche e del lavoro. Gli italiani - gran parte di essi, almeno - temono per i propri redditi, per la disoccupazione, per i propri risparmi, per il costo della vita. Temono per il futuro proprio, della propria famiglia e dei propri figli. Per questo motivo non si fidano più degli attori del mercato, della finanza, delle banche. Non si fidano neppure del sindacato. Chiedono, invece, "più Stato". Ma uno Stato barelliere, infermiere, pronto-soccorso. Uno Stato che dia assistenza (ma non "assistenziale": non si può dire). Riscoprono l'Europa, guardata, fino a ieri, con sospetto e diffidenza. Per difendersi dal mondo. Mentre non osano chiedere "più politica" e "più partito". Si limitano a sospendere le critiche più aspre.
Sorprende un poco - o forse non poco - che a interpretare questo clima neo-statalista, pervaso da una nuova domanda di pubblico, sia Berlusconi, insieme al PdL, accanto alla Lega. I cui elettori continuano ad essere, di fatto, più liberal-liberisti degli altri. La Lega: nemica dello Stato nazionale e dell'Europa degli Stati e dei capitali. Berlusconi: che si era opposto allo Stato imprenditore e agli imprenditori di Stato, imponendosi come imprenditore alla guida dello Stato. Dopo aver vinto le elezioni, trainato dal vento dell'insicurezza, oggi cerca di intercettare il vento della crisi economica e finanziaria. Anche se non è facile, non sarà facile, neppure per lui, interpretare la domanda di Stato e di pubblico. D'altra parte, è complicato impersonare Keynes, al tempo della depressione. Con investimenti molto limitati. Tagliando il bilancio dello Stato, riducendo (e delegittimando) il personale pubblico: nella scuola, nell'Università, nella sanità. Più che un attore forte e rassicuratore, lo Stato proposto, oggi, dal governo assomiglia, da un lato, a un occhiuto guardiano della buona condotta dei suoi funzionari; dall'altro, a una sorta di associazione caritatevole, che aiuta e fidelizza i cittadini più bisognosi con una tessera. Da usare per gli acquisti e i consumi. Uno "Stato di emergenza" che legittima l'autorità alternando le crociate alla pietà.
FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI
[di Fabio Bordignon]

Una nuova inversione di marcia: le condizioni di emergenza prodotte dalla crisi economica internazionale sembrano favorire una ripresa della fiducia nelle istituzioni e nello stato. Una reazione dettata dalla necessità di riferimenti e garanzie, in una fase di grande incertezza. A crescere è soprattutto il Presidente della Repubblica, ma i cittadini tornano a cercare sostegno anche nell'Unione europea.
Le misure dell'undicesimo rapporto su Gli Italiani e lo Stato confermano la tradizionale graduatoria delle istituzioni, che vede ai primi posti le Forze dell'Ordine (74%) e il Presidente della Repubblica (71%), seguiti dalla Chiesa (58%), dall'Ue (58%) e dalla Scuola (56%). Istituzioni "di garanzia", attorno alle quali si compatta la maggioranza assoluta della popolazione. Rilevanti, in questo senso, sono soprattutto le variazioni rispetto a dodici mesi fa. Cresce, in particolare, la fiducia nello Stato. Uno "stato di necessità": in un clima di depressione economica, in cui oltre una persona su due ha smesso di fare progetti per il futuro, torna a proporsi come "appiglio" credibile. Certo, la ripresa è ancora di misure limitate, ma consente comunque di invertire il trend al ribasso che aveva contraddistinto gli ultimi anni. Soprattutto, cresce molto la fiducia nel suo massimo rappresentante: il Presidente della Repubblica, che avanza di ben quindici punti, guadagnando peraltro una posizione bipartisan - Napolitano piace, oggi, sia a destra che a sinistra. In linea con questa tendenza generale, anche le istituzioni periferiche - comuni (44%) e regioni (39%) - incrementano i propri consensi, ma solo di pochi punti.
Del resto, i soggetti del mercato continuano a navigare su valori molto bassi. Le banche, negli ultimi dodici mesi, hanno visto ulteriormente assottigliarsi il loro già basso livello di fiducia (17%). Mentre le associazioni di rappresentanza del lavoro autonomo e dipendente si attestano su valori piuttosto bassi. Particolarmente in difficoltà appare il sindacato: Cgil, Cisl e Uil raccolgono, mediamente, i consensi di un quarto della popolazione.
Non trascurabile, in questo quadro, è l'incremento fatto segnare dall'Unione Europea, che con un balzo di dieci punti torna a superare abbondantemente la soglia del 50%. In una fase di impasse e agitazione dei mercati, in altre parole, i cittadini tornano a rivolgere lo sguardo alle istituzioni continentali. Rimane critico, invece, il rapporto con la dimensione politica e partitica: il parlamento e, in particolare, i partiti continuano ad indossare la maglia nera della fiducia.
PUBBLICO E PRIVATO
[di Natascia Porcellato]

Rispetto allo scorso anno, la soddisfazione dei servizi aumenta e, allo stesso tempo, diminuisce la propensione al privato. Questi sono i tratti fondamentali che, nella crisi attuale, delineano un quadro in cui il pubblico e lo Stato ritornano ad occupare un ruolo rilevante nell'orizzonte dei cittadini. Cittadini che tornano anche a porre la domanda di sicurezza nella sua classica, per quanto quasi dimenticata, declinazione sociale.
Il gradimento per i servizi è in aumento rispetto al 2007, e gli scarti più consistenti sono segnati da quelli pubblici come le scuole (+4 punti percentuali) e l'assistenza sanitaria (+6).
Coerentemente, diminuiscono anche coloro che preferirebbero una presenza maggiore del privato nella gestione di scuola e sanità (rispettivamente: -6 e -2 punti percentuali). L'indice di orientamento al privato, quindi, scende notevolmente (-5), anche se ripropone la caratterizzazione politica "classica", con gli elettori dei partiti di centrodestra più favorevoli al mercato.
Non stupisce, quindi, vedere che oltre l'85% degli intervistati sostenga che "lo stato deve intervenire ogni volta che c'è bisogno sull'economia e sul mercato". La crisi economica degli ultimi mesi, infatti, ha rafforzato il ruolo degli stati e dei governi nazionali, chiamati a intervenire per evitare rovinosi crack.
Se oggi l'intervento dello stato è invocato da quasi tutti, nel trade-off tra tasse e servizi vince la riduzione delle tasse: è il 62% a chiederla (+8 rispetto al 2005). In un contesto di crisi economica, tuttavia, tale incremento è senz'altro da ricondurre al bisogno di denaro disponibile. La crescita (+6) di quanti accettano anche una diminuzione dei servizi pur di pagare meno tasse è quindi da vedere in tale ottica.
Posto al fianco di altri problemi, infatti, il carico fiscale non appare di primaria importanza nell'"agenda" degli italiani: lo troviamo tra le ultime questioni, con il deterioramento ambientale e la viabilità. I primi posti, invece, sono occupati da fattori riconducibili alla crisi economica: la disoccupazione (in forte rialzo rispetto al 2007: +9 punti percentuali) e l'aumento dei prezzi. A seguire, si posizionano la criminalità comune e l'immigrazione, ma è molto calata la quota di intervistati che le segnala come urgenti (rispettivamente: -9 e -5 punti percentuali rispetto al 2007). In aumento, poi, la richiesta di miglioramento della qualità dei servizi socio sanitari (+3 punti percentuali). Quasi a ribadire la necessità di un pubblico "barelliere" per cittadini di uno Stato divenuto, ad un tratto, l'ultimo "pronto soccorso" da cui possono essere accettati.
DEMOCRAZIA, IMPEGNO E (ANTI)POLITICA
[di Luigi Ceccarini]

Un lieve rafforzamento dell'ideale democratico; un incremento della partecipazione politica; una perdita di appeal della denuncia anti-politica di Beppe Grillo. Sono alcuni dei tratti rilevati dell'XI osservatorio su Gli italiani e lo stato. Oltre sette cittadini su dieci ritengono la democrazia il sistema preferibile (72%). Quattro punti in più rispetto allo scorso anno. Si tratta di un'opinione che, tradizionalmente, è più diffusa tra quanti si riconoscono nell'area ideologica di centrosinistra o di sinistra. Tuttavia gli attori principali della democrazia non godono di un considerevole credito sociale. Dei partiti, infatti, si fida solo un italiano su dieci (10%); ad oltre metà (54%) questa parola suscita un sentimento negativo. Inoltre, il 64% dei cittadini ritiene che "oggi non ci sono più grandi differenze tra i partiti, tutti sembrano dire più o meno le stesse cose". E' una valutazione che riflette una più generalizzata sfiducia nelle istituzioni e nel sistema politico. Questa idea dei partiti è più estesa tra gli elettori del Popolo delle Libertà e tra quanti hanno un'età compresa tra 25 e 44 anni. La partecipazione, rispetto allo scorso anno, ha fatto osservare un incremento un po' su tutti i fronti: quello sociale, quello della rappresentanza economica e in particolare quello politicamente impegnato. L'indice di mobilitazione politica è infatti cresciuto dal 47 al 50%. Raggiunge il 71% tra i più giovani (15-24 anni). In sette su dieci affermano cioè di aver partecipato ad almeno un'iniziativa di carattere politico nell'ultimo anno. I ventenni, più idealisti e movimentisti, si distinguono per preferire le azioni di protesta, a volte sfiorando azioni di tipo illegale, come le occupazioni o il blocco del traffico. Ma hanno anche preso parte ad iniziative di tipo convenzionale organizzate dai partiti. Queste esperienze di impegno si svolgono tuttavia in uno scenario in parte rinnovato rispetto al 2007. Non solo per la situazione esterna, dell'economia mondiale. La quale, aggravandosi, ha sicuramente inciso sul clima di opinione. Ma anche rispetto alla questione (anti)politica nostrana. Se il fenomeno del grillismo solo un anno fa rifletteva e stuzzicava gli umori dei cittadini, oggi questa spinta appare sensibilmente indebolita. Il richiamo a Beppe Grillo suscitava un sentimento positivo in oltre la metà degli intervistati (57%). Oggi si è ridotto di 10 punti percentuali (47%). Quello negativo invece è cresciuto: dal 30% al 41%. Ma il profilo dei "grillini" è rimasto lo stesso: continua a piacere di più a sinistra, ai giovani. Ad essere cambiato è anzitutto il loro peso.
NOTA METODOLOGICA

Il rapporto annuale su Gli Italiani e lo Stato, diretto da Ilvo Diamanti, è giunto all'undicesima edizione. L'indagine è stata realizzata da Demos & Pi (con la collaborazione del LaPoliS - Laboratorio di Studi Politici e Sociali dell'Università di Urbino), su incarico del Gruppo L'Espresso. Essa è curata da Ilvo Diamanti, Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e Natascia Porcellato. Martina Di Pierdomenico ha partecipato all'elaborazione dei dati.
La ricerca si basa su un sondaggio telefonico svolto, nel periodo 17-21 novembre 2008, da Demetra. Le interviste sono state condotte con il metodo CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing), con la supervisione di Giovanni Pace. I dati sono stati successivamente trattati e rielaborati in maniera del tutto anonima. Il campione, di 1300 persone, è rappresentativo della popolazione italiana di età superiore ai 15 anni, per genere, età e zona geopolitica.
Documento completo su www.agcom.it.
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