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RAPPORTO GLI ITALIANI E LO STATO - 2022 (25°)

Rapporto annuale sugli atteggiamenti degli italiani nei confronti delle istituzioni e della politica.
XXV RAPPORTO GLI ITALIANI E LO STATO


GLI ITALIANI IN CERCA DI UN "LEADER FORTE"
[Ivo Diamanti]

Dopo due anni, la pandemia sembra avere ridotto il suo impatto. Anche se conviene essere prudenti. Altre volte, negli ultimi anni, le nostre speranze, per quanto accreditate dai dati, sono state, in seguito, smentite dagli eventi. Perché il virus è una minaccia "invisibile", ma insidiosa. Im-prevedibile. È, dunque, meglio attendere. Con prudenza, senza rinunciare alle pre-cauzioni che ci hanno permesso di affrontare l'emergenza. Dai vaccini alle mascherine. Alla cautela nei rapporti con gli altri. Misure utili a controllare la minaccia virale. Anche se hanno logorato la nostra vita. Non solo "sociale".

La ricerca curata da LaPolis-Università di Urbino e Demos, sul rapporto fra "Gli italiani e lo Stato", giunta alla venticinquesima edizione, ci permette di valutare con cura cosa sia cambiato e stia cambiando. Nella nostra democrazia e nelle attività che la accompagnano. La partecipazione sociale, l'accesso ai servizi pubblici, la relazione con i partiti e con le reti associative.

L'indicazione proposta dall'indagine evoca un (faticoso) ritorno alla "normalità". Agli orientamenti e ai modelli di vita precedenti all'irruzione del Covid. Mentre si confermano alcune "abitudini" antiche del sentimento nazionale. Il distacco nei confronti dello Stato, anzitutto, verso il quale di-mostra fiducia il 36% degli italiani. Una "minoranza". Molto "maggiore", tuttavia, rispetto a dieci anni fa, nel 2012, quando questo atteggiamento era condiviso dal 22%. Lo stesso discorso vale per le istituzioni territoriali, Comune e Regione. E, a maggior ragione, per il Parlamento e gli stessi partiti. Oggi sono guardati con "distacco". Ma dieci anni fa suscitavano "sospetto". Erano, infatti, ri-conosciuti da meno del 10% dei cittadini. La diffidenza verso i partiti, comunque, riflette "un passato che non è passato", visto che si celebra il trentesimo anniversario di Tangentopoli e, secondo l'80% dei cittadini (intervistati), da allora «non è cambiato niente». Anzi, si è allargato oltre confine, alla Ue, se pensiamo all'inchiesta Qatargate, appena partita.
Tuttavia, è migliorato il grado di soddisfazione rispetto ai servizi. Alla sanità, anzitutto. E alla scuola. Privata ma anche pubblica. In altri termini, il mondo intorno a noi appare meno distante e distinto. È divenuto un ambiente più familiare. Amico. Per reazione alle tensioni e all'inquietudine provocate dai cambiamenti "esterni". Sul piano sanitario e geo-politico.

Si sta, dunque, consolidando quella che un anno fa abbiamo definito una "democrazia sospesa", perché la minaccia del virus ha reso difficile progettare e perfino immaginare il futuro. Nonostante il ridimensionamento - relativo - della pandemia e della minaccia virale. Infatti, nel frattempo, sono subentrate altre minacce, altre paure. Per prima, la guerra in Ucraina. Cioè: non lontano dai nostri confini. Tuttavia, l'inquietudine suscitata da questi eventi ha contribuito a rendere più stabili i nostri rapporti con le istituzioni. In particolare, con lo Stato. Perché i cittadini hanno bisogno di riferimenti con-divisi. Per sentirsi "uniti", non "divisi".

Peraltro, il minore impatto delle paure ha favorito la ripresa della partecipazione e dell'impegno associativo presenti sul territorio. Ci ha permesso di allentare il senso di solitudine e di vulnerabilità, alimentato dall'insicurezza.

Così, oggi, il nostro tempo appare meno "sospeso", rispetto a un anno fa. Perché riusciamo a guardare avanti. Insieme agli altri. Anche per questo è migliorato il giudizio degli italiani nei confronti dello "stato della (nostra) democrazia". Apprezzato da oltre metà dei cittadini. La "democrazia", peraltro, continua ad essere considerata la migliore forma di governo da oltre 7 italiani su 10.

Tuttavia, va sottolineato come si guardi, sempre più, a un modello di "democrazia impolitica". Affidata ai tecnici. E "personalizzata". Anzi: "presidenziale". Una larga maggioranza dei cittadini (62%), infatti, afferma che il Paese dovrebbe essere guidato da un "leader forte". E oltre due terzi dei cittadini esprimono apertamente il proprio favore verso l'elezione diretta del Presidente.

Va chiarito che la "personalizzazione" della politica ha una storia lunga, anche nel nostro Paese. Avviata negli anni Novanta, quando Silvio Berlusconi ha fondato Forza Italia. Il suo "partito personale". Da allora la figura del leader è divenuta fondamentale. Tanto più dopo che i partiti hanno perduto le radici ideologiche e territoriali. E sono divenuti "provvisori", come i loro leader. Che cercano consenso e riconoscimento attraverso i media. Canali che non possono garantire stabilità.
Lo stesso percorso, negli ultimi anni, ha coinvolto il governo. Infatti, negli ultimi dieci anni si sono succeduti altri presidenti del Consiglio non eletti. Matteo Renzi, Giuseppe Conte-1. Prima di loro, Mario Monti. Da ultimo, Mario Draghi. Anch'egli un banchiere.

Alla guida di una maggioranza che comprendeva "quasi" tutti. Un "governo personalizzato" che, spesso, ha agito "per decreto". Attraverso i Dpcm. Quindi, "saltando" il Parlamento. D'altronde, all'opposizione c'era un solo partito. I Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. Non per caso, forse, il partito e la (o il) leader che hanno vinto le elezioni recenti. E oggi governano. Prendendosi molti rischi. Perché principale, se non unico, riferimento per il consenso e il dissenso dei cittadini.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è, a sua volta, la figura istituzionale che ottiene maggior grado di consenso. Ma non di potere. Perché siamo una democrazia rappresentativa. È il paradosso di questo "presidenzialismo implicito". Nel quale i cittadini vorrebbero eleggere direttamente il presidente della Repubblica, che, invece, è eletto dai loro rappresentanti, in Parlamento. Mentre il (la?) presidente del Consiglio, oggi, governa con una maggioranza instabile e frammentata.

Questo XXV rapporto su Gli Italiani e lo Stato, curato da LaPolis-Università di Urbino e Demos, ripropone, dunque, un profilo noto. Evoca, cioè, un Paese (ancora) sospeso. Alla ricerca di un futuro.
E, per questo, aggrappato al presente.







1. I CITTADINI, LE ISTITUZIONI, I SERVIZI

SOSPESI TRA LA GUERRA IL COVID E LA RECESSIONE
[L. Gardani e N. Porcellato]

Quello di oggi, sembra un Paese in attesa. Che finisca la guerra in Ucraina. Che il Covid sia dichiarato sconfitto. Che il caro-prezzi si fermi. Che la recessione incombente sia fermata. E che, nel mentre, sembra congelare il suo rapporto con le istituzioni. Rispetto a quanto osservato nel 2021, infatti, oggi l'osservatorio Gli italiani e lo Stato (curato da LaPolis dell'Università di Urbino e Demos) offre un affresco fatto di stabilità che sembra quasi sospensione, con qualche rara eccezione.

Come tradizione, le prime tre posizioni sono occupate da forze dell'ordine (70%), Papa e presidente della Repubblica (entrambi 68%). È la fiducia verso le istituzioni nel suo complesso, però, ad apparire ferma: escludendo i segni negativi registrati dai sindacati (-5 punti percentuali), dalla scuola e dalla Chiesa (entrambe -3), e quello positivo del Comune (+3), per tutte le altre istituzioni analizzate si conferma sostanzialmente il gradimento rilevato lo scorso anno. Un discorso a parte lo merita il capo dello Stato: tra Covid e rielezione, i dieci puntidi maggiore fiducia che sono tributati a Mattarella dal 2020 a oggi appaiono un nuovo riconoscimento della centralità del Quirinale, centralità che il 69% vorrebbe ulteriormente accentuare attraverso l'elezione diretta del suo successore.

Ad essersi fatto più severo, invece, in questi dodici mesi, è il giudizio sui servizi: è in calo sia la soddisfazione verso quelli privati (-4 punti percentuali per la sanità e -2 per la scuola) che pubblici (entrambe -4), mentre fanno eccezione le ferrovie (+3 punti percentuali) e i trasporti urbani (+6).

Ma nel trade-off tra tasse e servizi, come si orientano gli italiani? Il 45% vorrebbe diminuire le tasse, ma senza ridurre i servizi; il 25% pensa che debbano essere potenziati i servizi, ma senza aumentare le tasse. Nel complesso, il 70% vuole qualcosa, ma senza essere disposto ad accettarne le possibili conseguenze: un cortocircuito di questa entità appare di difficile soluzione.

Persino per un futuro presidente della Repubblica eletto direttamente.






2. IMPEGNO E PARTECIPAZIONE

QUELLA INSOPPRIMIBILE VOGLIA DI PARTECIPARE
[L. Ceccarini e M. Di Pierdomenico]

Nelle ultime due edizioni l'osservatorio su Gli italiani e lo Stato, curato da LaPolis dell'Università di Urbino con Demos, si era registrata una progressiva contrazione della partecipazione.

Gli ultimi dati mettono in evidenza una sensibile ripresa del coinvolgimento degli italiani dopo la "sospensione" indotta dalla pandemia. Rimane uno scenario segnato da incertezza nel futuro, ansia per le conseguenze della crisi del Covid, dell'aggressione all'Ucraina, e dalle aspettative verso il nuovo governo. In questa cornice di attesa, i cittadini stanno ricostruendo la loro collocazione nello spazio pubblico. È vero che la partecipazione elettorale ha sofferto dell'astensione più alta della storia repubblicana, ma su altri fronti si osserva un certo dinamismo. Se si confronta il quadro di oggi con quello pre-pandemico, la distanza appare ancora importante ma gli italiani stanno recuperando in termini partecipativi. Il volontariato è tra le attività più praticate (42%). Le tematiche ambientali, del territorio e della città hanno mobilitato un cittadino su tre (32%). Anche le azioni più esplicitamente politiche, come partecipare a manifestazioni di partito, proteste e flashmob, hanno coinvolto una componente non trascurabile di italiani (17%). Più dello scorso anno, ma un po' meno del 2019. Le petizioni, anche grazie alle piattaforme online, sono state firmate da un cittadino su tre (31%) con una partecipazione doppia tra i giovani (18-29 anni: 61%). E non appare marginale la componente di cittadini che ha discusso di politica nei social, nei forum online (25%).

Non si tratta certo dell'idealtipo di sfera pubblica, luogo di confronto e dibattito tra cittadini, ma denota un certo interesse, e forse preoccupazione, verso questioni di natura collettiva. Resta alta, anche se in calo, quanti ritengono la Rete uno strumento democratico per criticare pubblicamente l'azione di politici e governanti (64%) e quindi per impegnarsi. Dai dati emerge che la partecipazione dei cittadini non prende forma solo negli spazi tradizionali e in quelli digitali. Ma si sviluppa anche nelle pratiche della vita quotidiana, come i consumi. In ripresa appaiono stili di consumerismo critico, come il boicottaggio di prodotti o di brand (25%) o l'acquisto responsabile (42%), basati su motivazioni di natura etica, politica, ambientalista. Ancora più ampia è la quota di cittadini che ha speso del denaro con intenti filantropici, dove parte del guadagno serviva a sostenere una buona causa (53%). Il confine tra attivismo civico e politico, tra luoghi offline e online appare oggi progressivamente più poroso.

L'impegno dei cittadini sta assumendo un contorno ibrido.







3. LO STATO DELLA DEMOCRAZIA

DEMOCRAZIA E (TIEPIDO) ORGOGLIO NAZIONALE
[F. Bordignon e A. Securo]

Gli ultimi trent'anni sono stati scanditi, in Italia, da passaggi memorabili. Dallo scandalo di Tangentopoli, nel 1992, all'introduzione dell'euro, nel 2002, il pendolo della storia è oscillato in direzioni diverse. Dieci anni fa, nel 2012, il Paese faceva i conti con gli effetti di una nuova tempesta economico-finanziaria. Più di recente, sono arrivate la pandemia e, nel 2022, il conflitto ucraino a disorientare i cittadini, modificandone il (complicato) rapporto con le istituzioni.

Nonostante tutto, la soddisfazione sul funzionamento della democrazia è cresciuta, negli ultimi anni. Per la prima volta diventa maggioranza (53%) la quota di intervistati che si esprime positivamente. Un po' perché, nei momenti di crisi, ci si stringe attorno alle istituzioni. Un po' perché il ritorno del centro-destra al governo ha fatto aumentare la fiducia in quella parte del Paese che, ancora un anno fa, si diceva più insoddisfatta.

Analizzando i dati del rapporto Gli italiani e lo Stato, tuttavia, sembra mancare una definizione comune di cosa intendiamo, quando pensiamo alla democrazia. C'è chi (47%), ad esempio, pensa al governo di tecnici competenti; la stessa percentuale, tuttavia, di chi preferisce essere rappresentato dagli "eletti". È significativo notare come il favore per il governo tecnico cresca soprattutto fra gli under trenta. Sono gli stessi giovani a dichiararsi, in percentuale più ampia, a favore di un "leader forte".
Opzione comunque maggioritaria in tutta la popolazione (62%).

Si intiepidiscono, per contro, i sentimenti di orgoglio nazionale.

Tanti gli intervistati che passano dal dirsi "molto" (44%) orgogliosi di essere italiani al più incerto "abbastanza" (39%). Il rapporto era di 65 a 29 all'ingresso nel nuovo millennio. Segno che, anche ai tempi della destra di governo, l'identità italiana non risulta ancora così solida. È opportuno sottolineare, ancora una volta, la relazione con l'età, visto che il sentimento nazionale si fa via via più freddo passando dai più anziani ai più giovani. Su una cosa, però, le persone interpellate sembrano essere d'accordo: siamo un Paese dalla corruzione politica endemica, tenace. I cittadini che la percepiscono come più (o ugualmente) diffusa rispetto a Tangentopoli non sono mai scesi sotto l'80% in tutti gli anni di rilevazione. E, all'epoca del sondaggio, non si parlava ancora di "Italian job" all'Europarlamento.







NOTA INFORMATIVA
Il Rapporto su Gli Italiani e lo Stato, giunto alla XXV edizione, è realizzato dal LaPolis - Laboratorio di Studi Politici e Sociali dell'Università di Urbino. La rilevazione è stata condotta da Demetra con metodo MIXED MODE (Cati - Cami - Cawi).
Periodo 22 - 30 novembre 2022. Il campione (N=1.305, rifiuti/sostituzioni/inviti: 10.333) è rappresentativo della popolazione italiana con 18 anni e oltre, per genere, età, titolo di studio e area (margine di errore 2.7%).
I dati sono arrotondati all'unità e questo può portare ad avere un totale diverso da 100.

Documentazione completa su www.sondaggipoliticoelettorali.it

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